Nord e Sud - anno II - n. 6 - maggio 1955

Taranto senza marina Taranto è generalmente nota come la « città dei due mari », il Piccolo e il Grànde. Ma, più che di « due mari », si può parlare di « due città », la vecchia e la nuova: due condizioni di esistenza, due epoche quasi. Il complesso dei problemi tarantini deve essere visto appunto in questa prospettiva, dimenticando i « due mari » per concentrare l'attenzione sulle due zone fabbricate, anche se ciò riesce difficile persino agli abitanti della parte nuova; i quali, salvo una trascurabile percentuale, non hanno visto della vecchia zona che il perimetro esterno, e da lontano, non le strade, le case, gli abitanti. Per questa ragione, l'opinione pubblica, che si è con1mossa per i << Sassi di Matera», di Taranto contempla il panorama dei « due mari», ma ignora il contrasto delle « due città ». Taranto vecchia è un'isola legata a nord con la terraferma da un ponte di pietra che immette alla stazione ferroviaria; a sud è legata con la città nuova mediante il famoso ponte girevole sul canale che unisce il Mar· Grande al Piccolo; ha quasi la forma di un fuso, con una litoranea sul Mar Grande, ove sorgono vecchi palazzi una volta abitati dalla nobiltà locale; un'altra litoranea sul Mar Piccolo, via Garibaldi; e una strada larga solo due metri, via Duomo, che la divide quasi a metà e per questo è chiamata comunemente via di mezzo. È stata ricostruita interamente qualche secolo fa sulla pianta della città medioevale, raccolta intorno al castello aragonese, costruito al tempo della guerra d'Otranto e delle scorrerie saracene. I vicoli di Taranto vecchia rappresentano le ma11ifestazioni estreme della patologia urbanistica: oscurità, promiscuità, insalubrità, squallore e miseria. Tra la via di mezzo e la via Garibaldi - le due strade quasi parallele che deli1nitano la zona più densamente fabbricata e popolata - esistono 60 vicoletti, di cui soltanto 18 vantano una larghezza di metri 1,50, mentre i rimanenti 42 passano da u11massin10 di I metro a un minimo di 45 centimetri. A confronto delle abitazioni scavate in questi budelli, i «bassi» di Napoli sono una specie di Purgatorio, dove i peccatori hanno almeno la speranza di trovare uno sfogo sulla strada, mettersi a sedere fuori l'uscio di casa a respirare qualche soffio d'aria marina. Qui è invece l'Inferno, afoso, stagnante; al vico Pastorelli o Cava o Carelli, la speranza della strada è svanita; in quelle fette di 45 ce11timetri, tagliate tra i muri, una sedia occuperebbe l'intero passaggio e due persone provenienti da opposta direzione hanno da decidere cl1i delle due debba tirarsi indietro e cedere il passo all'altra. Qui le abitazioni affacciantisi sul vicolo non possono chiamarsi neppure « bassi »: in effetti sono dei « sottobassi », situati sino a 6 metri sotto il livello stradale (si pensi che tutta Taranto vecchia è costruita dai go centimetri ai cinque metri sul livello del mare), composti di un'unica stanza, senza acqua corrente, senza luce elettrica, senza aria, senza gabinetto, cui si accede mercè Bibloteca Gino Bianco

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