Nord e Sud - anno II - n. 6 - maggio 1955

stadio discorsivo iniziale, non potrebbero (data la complessità dei problemi politici e tecnici che essi investono, ed i contrastanti interessi che mettono in movimento) trovare applicazione che a lunga scadenza. In conclusione, resta il fatto che ogni rilevamento economico della Francia che sia concepito con ampiezza di visione non può non aprire largamente il paese ai lavoratori stranieri: è estremamente indicativo in questo senso l'articolo assai impegnato e perentorio pubblicato nel supplemento economico de Le Monde del 13 febbraio 1955. La possibilità di una seria politica migratoria italiana in Francia esiste: non c'è forse bisogno di essere stati sui cantieri edilizi in Normandia o nei quartieri industriali fuori di Loven o in certi comuni banlieusards per rendersene conto. Si devono, tuttavia, risolvere due problemi pregiudiziali: qt1ello di un chiaro accordo con la Francia in questa materia (e di un chiaro accordo anche degli italiani con sè stessi) e quello di una media qualificazione della mano d'opera che si vuole esportare. Per 1a prima questione, si è già accennato che la Francia fa una politica di assimilazione e di naturalizzazio,ne assai spinta: questo programma era stato reso necessario negli anni del primo dopoguerra dalla curva dell'incremento demografico francese ed era stato psicologicamente rinforzato dalla reazione alla politica del fascismo, che tendeva a tener il più possibile nazionalizzati i nuclei di emigrati. Questo era certo un errore, tra i tanti, del fascismo, che, però, induceva l'altra parte, i francesi, a fare altri errori. È ·ovvio che è interesse del nostro paese alleggerire l'eccedenza di mano d'opera; in conseguenza, la politica migratoria del fascismo va senz'altro abbandonata e va detto chiaran1ente - ai nostri consoli in Francia, ad esempio - che i problemi sono mutati e che è mutata un'atmosfera. Ma si devono impedire altresì le piccole vessazioni, gli ·oltranzismi di cu'i sovente si rendono colpevoli i francesi: insomma il console d'Italia e il prefetto no-n devono essere nemici, ma due uomini che collaborano ad uno stesso fine. In secondo luogo - e questo è un problema che non riguarda la sola Francia - le dimensioni e i problemi del mondo moderno non consentono più l'emigrazione nello stile dei tempi eroici. L'Italia non può illudersi di esportare mano d'opera non qualificata. È necessario, dunque, che si imposti con larghezza di vedute e di realizzazioni concrete il problema della quali-· ficazione: e poichè si parla della Francia, questo lavoro non può che essere fatto d'ac;cordo con le autorità francesi, secondo i bisogni che i piani economici francesi di sviluppo porranno. Solo così la questione riceverà una soluzione organica; e solo così i lavoratori del Sud potranno essere aiutati a superare quelia inferiorità dei punti di partenza che essi hanno oggi, per condizioni obiettive, rispetto ai loro colleghi del Nord. G. M. [56] BiblotecaGino Bianco

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