gìi incolori problemi tecnici st1i quali ci s'accorda nell'impossibilità di trovar altra soluzione ad un contrasto politico. Si avrebbe così una convergenza su una questione tecnica solo in apparenza, e intanto ·ognu,na delle due parti potrebbe essere autorizzata a contrabbandare chissà quale politica. Per certe modali,tà del suo finanziamento l'attuazione del Piano Vanoni presuppone alcune scelte pregiudiziali e si configura quindi politica1nente secondo le scelte che sono fatte: da questo p•unto di vista esso può diventare il solito carrozzone per gli in.teressi n10,nopolistici oppure può essere veramente l'avvio ad una grande esperienza newdealistica in Italia. Lo stesso accade anche per altre scelte pregiudiziali alla su,a attuazione: il Piano Vano,ni può diventare lo strumento di u•na politica economica nazionalistica oppure lo strumen~o di una coerente politica europeistica. È ovvio che nella prima ipotesi esso non potrebbe risolvere i p•roblemi di fondo della vita meridionale e nazionale. E si deve aggiungere, inoltre, che, i.n un tale caso, anche se i socialisti entrassero nella maggioranza parlamentare e nel governo che ne predispo:ne l'attuazione, anche se vi entrassero gli stessi comunisti, nulla potrebbe impedire che tutto si risolverebbe a vantaggio delle grandi concentrazioni monopolistiche. La verità è che i problemi si tengono tutti strettamente e non ci si può co,ncen.trare su uno solo senza provocare una crisi di equilibrio: s'è visto come il problema meridionale sia condizionato da quello generale italiano e come una politica di espansione nel Mezzogiorno trovi i suoi limiti in certi dati obiettivi della situazione i.talia,na. S'è visto, altresì, come questi limiti obiettivi possano essere superati ~oltanto con una « rivoluzione » europea: le soluzioni classistiche e po-pulistiche non sono in realtà una seria politica alter11ativa a quel processo di integrazione che consente di risolvere il problema ael sottosviluppo delle regioni meridionali e tutto il problema italiano. Solo una pianificazione dell'economia europea, concepita come associazione di un'eco.nomia di concorrenza e di una pianificazione delle strutture, può eliminare i ritardi d'espansione, le strozzature monopolistiche, i bassi livelli di vita, la disoccupazione, la miseria. Per questo noi prestiamo scarsa fede alle cosiddette integrazioni per settore, che fi11iscono sempre per essere accompagnate da tali e tante limitazioni da rendere estremamente faticoso e lento il processo. Certo oggi si parla molto di ripresa europeistica e se ne parla da mol,te parti: so.no note le dichiarazioni del Presidente del Consiglio fra11cese Edgar Faure sulla necessità di creare un pool dei trasporti e dell'energia atomica; sono recenti quelle del Ministro degli Esteri belga Spaak sull'integrazione delle fonti d'energia e del petrolio. Sembra addirittura che Bruxelles si accinga a svolgere in questa materia un'opera di mediazione tra Parigi e Bonn. Si deve aggiungere che tali mosse si configurano anche come un tentativo di porre fine alla crisi che tra va.glia la Comunj tà Europea del Carbone e delBiblotecaGino Bianco
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