tazione di alcuni dei principali prodotti agricoli dell'Italia costituisce un grave ostacolo alle esportazioni », sa cosa pensare di queste incertezze prospettate dal professor Robinson. Del resto il nostro pessimismo è confermato da un documento recentissimo, opera proprio di quell'organismo innanzi al quale il Ministro Vano~i ha presentato il s~o Piano e nel quale ha cercato appoggi e sollecitato aiuti: nel VI rapporto dell'O.E.C.E. si legge, infatti, che l'agricoltura gode ancora nei paesi-membri dell'organizzazione, di larghe protezioni e che invece una liberalizzazione completa del commercio agricolo presenterebbe evidenti vantaggi; si legge anche, però, che la maggior parte delle restrizioni che ancora permarranno colpiranno appunto le importazioni dei prodot,ti agricoli. E non si creda che si tratta soltanto di trovare sbocchi per l'aumentata produzione agricola del Mezzogiorno; è tutto il problema dello sviluppo delle regioni meridionali che è messo più o meno esplicitamente in discussione ogni volta che si parla della politica di liberalizzazione. A giudizio dei tecnici della Commissione Economica per l'Europa è stata appunto la tenue capacità d'importazione del nostro paese che ha creato le maggiori difficoltà, ed è stato a questo elemento limitativo che la politica economica italiana ha dovuto subordinare il ritmo di sviluppo del Mezzogiorno. In altri termini, il process~ di elevamento economico delle regioni meridionali, avviato in primo luogo mercè spese pubbliche straordinarie, incontra il suo ·ostacolo economico più grave nella incapacità del nostro paese a sostenere un certo ritmo di importazioni (si è calcolato che per ogni 100 miliardi di lire di spese pubbliche supplementari vi debba essere un aumento di 33 miliardi di importazioni, delle quali le importazioni dall'area del dollaro ammonterebbero a . otto milioni di dollari), il che significa anche nell'impossibilità del nostro paese di accrescere le sue esportazioni. Questo punto è già stato rilevato da Ugo La Malfa (cfr. Mezzogiorno nell'Occidente, in Nord e Sud, n. 1) quando ha rivendicato a titolo d'onore della classe di governo italiana di questo secondo dopoguerra l'aver perseguito una ferma politica di liberalizzazione del commercio inter-europeo, scopo principale della quale doveva essere appunto un miglioramento della situazione della nostra bilancia dei pagamen,ti e conseguentemente un aumento della nostra capacità importatrice. E oggi appunto che si vogliono impos,tare i problemi su dimensi01I1i più vaste, e pianificando a scadenze abbastanza lunghe, sarebbe follia non vedere che proprio la politica di liberalizzazione va sviluppata fino alle estreme conseguenze, fino alla conclusione politica di un mercato comune europeo. Come si vede Nord e Sud colpiva nel segno quando individuava certe reticenze dello schema Vanoni. E su questo punto è bene essere .chiari: il Piano è s,tato addirittura evocato .al congresso del P.S.I. come la carta di un accordo eventuale tra i cattolici e i socialisti alla ri~erca di un punto d'in- . contro. Ora i problemi che po~e il Piano non possono essere tenuti come [45] Bibl.oteca-Gino Bianco
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