zione dì una priorità che spetta, nel q11adro di un'organica soluzione delle questioni, alla condizione dei disoccupati su quella degli occupati mostra la parte che in esso è fatita ai problemi delle regioni meridionali. Non vorremmo veder finito questo Piano nelle secche del tecnicismo, ma lo vorremmo veder discusso politicamente in ogni sua parte; e per questo, a qualche altra riserva, noi abbiamo a suo ten1p•o aggiunto quella a nostro giudizio fondamentale che un progetto del genere potrebbe avere delle concrete possibilità di attuazione solo nella misura in cui fosse sostenuto da una politica estera coerente e rigorosa, nella fattispecie da una politica estera che si sforzasse di giungere alla creazione di un grande spazio economico europeo, all'interno del quale vi fosse una più libera circolazione del capitale, delle merci e della mano d'opera. È forse necessario aggiungere che in questa riserva europeista non v'era e non poteva essere alcun « alibi conservatore »? In concreto quelle nostre riserve, che erano anche sollecite preoccupazioni, furono avanzate anche da altre autorevoli fonti: così l'Economist (26 febbraio), nel commentare il « diffuso ottimismo» del progetto nelle sue varie articolazioni, si chiedeva tra l'altro dove l'Italia avrebbe potuto trovare gli sbocchi alle accresciute esportazioni e in virtù di quali cer,tezze gli estensori dello schema assumessero implicitamente che vi sarebbe stato u,n sostanziale aiuto dall'estero. E all'Economist faceva eco nella Times Review of Industry (febbraio) uno dei più noti economisti inglesi, il professor A. Robinson, dell'U,niversi,tà di Cambridge. Il Robinson muoveva giusta1nente dall'osservazione che un processo d'espansione di un'economia come quella italiana ha bisogno di fondarsi su un aumento delle importazioni: come si sarebbe equilibrata dunque la bilancia dei pagamenti? Come è noto, il Piano Vanoni prevede un aumento delle importazioni del 40% che dovrebbe essere compensato da un aumento del 60% delle esportazioni. Ques,te sono, per adoperare l'espressione del Robinson, cc previsioni ambiziose », poichè :non si fondano soltanto sulla possibilità per i nostri prodotti destinati all'espor,tazione di reggere alla concorrenza, non si fondano solo su una riconversione o un ammodernamento o una trasformazione di certi settori del nostro apparato produttivo, tali da consentire di produrre utilmente .a prezzi internazionali; non si fondano, insomma, soltanto sulla nostra attitudine e volontà di far bene, sulla nostra capacità, ma anche, ed anzi soprattutto, sulla volon,tà altrui, sul fatto cioè che gli altri paesi siano ben disposti verso un aumento delle esportazioni italiane. Il Robinson ritiene ad esempio che pei prodotti ortofrut,ticoli rimane incerto se le politiche commerciali degli altri paesi permetteranno un aumento delle esportazioni italiane; e che pei prodotti meccanici è altrettanto inc~rto che l'Italia possa espandersi nei mercati dell'America del Sud. Chi ha visto documentato :nel rapporto della Commissione Economica per l'Europa del 1953 come « il fatto che altri paesi limitino l'imporBiblotecaGino Bianco
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