Nord e Sud - anno II - n. 6 - maggio 1955

dei limiti obiettivi nella capacità del paese di digerire queste riforme, se si volevano fare seriamente le cose e se non si voleva ridurre l'esperienza ad u11 puro fatto demagogico. Allora pensavamo, ed oggi gli avvenimenti ce l'hanno confermato, che le riforme erano solo un primo grande passo sulla strada della liberazione del Mezzogiorno, uno dei mezzi, importantissimo ma pur sempre uno solo, che avrebbero dato vita al processo di elevazione delle regioni meridionali alla dignità di una vita civile. Quello che è accaduto, se ha potuto stupire per le proporzioni, non poteva stupire per la sostanza dei fatti; e poichè in politica non contano solo le cose - come credono i falsi realisti - ma anche l'animo con cui le cose si fanno, si deve riconoscere che uno dei limiti del riformismo non era in questa apparente mancanza di risultati immediati, ma proprio nella mentalità con cui una parte del ceto dirigente che volle tale politica la mise in opera: la mentalità, appunto, di chi voleva vedere subito le « conseguenze », di chi voleva, fuor di metafora, vedere diminuire i voti comunisti. È stato questo che ha danneggiato la politica riformistica e rischia di ucciderla oggi, quando, cioè, coloro che vogliono vedere i « risultati » sembrano disposti a tutto pur di conseguirne. Questa rivista ha troppe volte accennato ai rischi che si corrono nel Mezzogior,no quando si vuol fare della· riforma fondiaria un' cc opera del regime» perchè ci si debba ritornare sopra. Pure, questo limite proprio del modo di attuazione della politica riformistica non era il più grave e il più preoccupante: è addirittura naturale che un'impresa del genere si accompagnasse ad una serie di piccoli opportunismi dal basso e ad u-n tentativo di corruzione dall'alto; nel mondo degli uomini la repubblica di Platone ha bisogno, per esistere, della feccia di Romolo. La maggiore difficoltà, il limite veramente grave ed importante era nel processo cui si è accennato prima, della ricostituzione del fronte conservatore, del fronte degli interessi monopolistici e parassitari, che si veniva rico1nponendo per suo conto e i cui tempi la politica riformistica aveva come precipitato. Nel contrasto che cosl si delineava, si dimostrava come fosse difficile, se non proprio impossibile, il porre in atto una soluzione del proble1r1a del Mezzogiorno in chiave solta,nto riformistica e su un piano esclusivamente nazionale. Nella situazione politica italiana non esistevano, almeno fino ad ieri, le premesse che consentissero di girare l'ostacolo o di abbatterlo: con quasi il 50% dell'elettorato captato dagli estremismi di destra e di sinistra, venivano a mancare obiettivamente le forze che avrebbero dovuto consentire e sostenere un'operazione del genere. Tanto più che il partito di 1naggioranza relativa, rappresentando entrambe le ali dello schieramento politico italiano, essendo insieme portatore di esigenze di sinistra e di interessi di des,tra, era esso stesso depotenziato nella sua azione. Quando, dunque, la politica di riforme sembrava prendere il suo avvio ed allargarsi, si profilava immediatamente ai suoi fianchi l'insidia reazionaria e conservatrice: si era Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==