andate diversamente, che anche là, sia pure con certe peculiarità di svolgimento, il processo è stato sosta11zialmente il medesimo. La verità è che la rivoluzione democratica del '44-'45 non è stata così radicale da spezzare compiutamente le strutture reazionarie della vita italiana: i grossi complessi monopolistici, nel pur necessario ritorno all'ordine~ nello sforzo disperato di ricostruzione di certe condizioni elementari della vita associata, hanno potuto recuperare assai più rapidamente e in maggior 1nisura di quanto si prevedesse le loro posizioni di privilegio e di predominio. I « trivellatori » son tornati padroni, o almeno han ripreso a mezzadria la direzione della cosa pubblica: le incrostazioni parassitarie si sono ricomposte e hanno cominciato ad insidiare le realtà nuove, che si erano intanto venute creando nella situazione italiana. Era naturale che la politica riformistica sarebbe stata insufficiente a reggere da sola l'intero sforzo che si veniva fac.endo per avviare le regioni meridionali su u11a strada nuova di progresso civile; ed era altresì ovvio che la ricomposizione delle incrostazioni parassitarie avrebbe alla lunga depotenziata la stessa politica riformistica, le avrebbe tolto mordente, l'avrebbe degradata da effettiva opera rivoluzionaria a semplice medicina politica. Il parallelismo dei due processi non avrebbe potuto durare all'infinito, perchè nelle riforme era una forza di rottura del già traballante equilibrio sociale del nostro paese. Lo scontro doveva esservi, dunque; e, considerata spregiudicatamente l'intera situazione italiana, si poteva essere sicuri che al momento delle interferenze e dei contrasti sarebbe stata I'équipe riformista, anfora di argilla tra basi di ferro, ad avere la • peggio .. Questa l'esperienza delle cose presenti: tali i dati che i meridionalisti dovevano meditare per u.n nuovo esame di coscienza. Non si trattava di constatare il fallimento della politica riformistica, pur se nei fatti il ceto di governo che aveva intrapresa l'esperienza mostrava ad un'osservazione superficiale la terribile usura subita; si trattava di veder meglio i limiti del riformismo, di tentare di scoprire le ragioni della sua insufficienza. Si trattava, insomma, no-n già di rifiutare il poco merito per quel che s'era fatto e la gran responsabilità di quan,to non era riuscito, ma di comprendere meglio il pas- . sato per vedere più chiaro nell'avvenire. Certo, nessuno che avesse coscienza di quel che è la vita di un popolo s'attendeva che le riforme avrebbero funzionato come una medicina politicosociale, che .avrebbero, cioè, pagato subito il prezzo che alcuni si attendevano. Questo non è stato soltanto un equivoco del più goffo anticomunismo nostrano (abilmente intrattenuto da una polemica comunista che aveva tutto da guadagnare e nulla da perdere da questa falsa imp·ostazione): ricordiamo, infatti, di aver letto alllili fa un editoriale del Times, in cui si diceva che in Italia malgrado la riforma fondiaria i comunisti continuavano ad avanzaret e dunque s'era fatta poca riforma fondiaria. Allora osservammo che v'erano BiblotecaGino Bianco
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