ciali come soluzioni nazionali; che tenta di colmare il vuot9 tra una cultura europea e una condizione umana « orientale »: se oggi v'è un'équipe di meridionalisti che pensa e vuole soluzioni di più ampio respiro, ciò non è dovuto ad altro che alla continua esperienza delle cose presenti e alla lezione delle antiche. Non è vero che il sentimento degli anni immediatamente successivi alla Liberazione, che si sarebbe riusciti cioè a sbloccare una situazione chiusa da decenni, fosse illusione soltanto. Chi può dire oggi che le strutture della vita politica, economica, morale anche, del Mezzogiorno siano restate identiche a sè stesse, al cc sè stesse » di trenta anni fa? La classe dirigente antifascista, quella « classe politica antirettorica e antitrasformistica, necessaria all'Italia per non morire », che Guido Dorso aveva vagheggiata tu·tta la sua vita e che aveva .anche per un momento intravisto alla direzione della cosa pubblica, ha i nrealtà operato certi tagli necessari, spezzate certe strutture. Quella stessa classe dirigente ha saputo anche intravedere alcune valide soluzioni riformistiche e ha saputo volerle senza preoccupazioni opportunistiche: non c'è forse un partito che ha subìto importanti perdite a destra, un altro che s'è addirittura dimidiato per questo? La classe dirigente antifascista ha 1nesso in moto il meccanismo della riforma fondiaria, ha creato la Cassa del l\1ezzogiorno. E possono parere, per le insidie che si frappongono loro ad o~ni ista1ìte, per la lentezza fatale dell'opera un1ana, per l'usura della polemica cui sono sottoposte, mediocri realizzazioni: ma l'uomo di onesto giudizio non può astenersi dal pensare che tali appunto apparivano ai contemporanei, la tassa sul macinato o l'opera insonne data dagli uomini di governo della Destra per il pareggio del bilancio: cose, cioè, che appaiono ·oggi consacrate nella positiva storia unitaria del nostro paese all'occhio staccato dello studioso. Qualcosa s'è fatto, dunque; ma poi qualcosa s'è chiuso nel Mezzogiorno (e in Italia), dal '51-'52 ad oggi: non si trat,ta tanto dell'erosione cui le forze politiche democratiche sono state sottoposte in questi anni, dell'altezza del prezzo che esse han dovuto pagare per le operazioni che avevano intrapreso. L'atmosfera stessa è mutata: chi vive, chi lavora -nel Mezzogiorno lo sa meglio forse di ogni altro. Non è il sentimento di stanchezza che succede al possesso di cose lungamente vagheggiate, e ottenute infine -con molto sforzo e con impegno doloroso, non è una crisi di assestamento. Dopo l'inizio e con l'avviarsi della politica riformistica, si è avuto in Italia un processo simultaneo e concorrente: la ricostituzione del fronte conservatore, che, negli anni immediatamente successivi alla tormenta del '44-'45, si era disintegrato, decomposto, spezzato in minuti frammenti, ·ognuno dei quali s'era mimetizzato, pavidamente, in altri settori dello schieramento politico. Questo non è stato un fenomeno sola,nto italiano: basta gettar lo sguardo, oltr'Alpi, alla recente storia della vicina Francia per rendersi conto che anche là le cose non sono [39] Bibloteca Gino Bianco
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