di questi argomenti e perchè vedo in esse il fondamento di una politica agraria capace di avviare a soluzione i difficili problemi di queste regioni - e non di queste soltanto - nell'ambito di una libera economia di mercato, che sola conviene alle agricolture complesse, differenziate e intensive, come è appunto e sarà quella del Mezzogiorno d'Italia. Mi rendo conto di aver dato così al problema una impostazione inconsueta e di rischiare, pertanto, d'essere frainteso e di vedere quelle tesi respinte, prima ancora che discusse. Non resta, tuttavia, altro che accettare quel rischio e tentare di ridurlo continuando il discorso, cercando, cioè, di dar concretezza alla formulazione della politica agraria, che è - come di- . eevo - implicita in quelle tesi fondamentali. Tre dovrebbero essere gli obiettivi e gli strumenti della politica agraria: a) la riforma dei contratti agrari; b) la più larga formazione e il riordino della proprietà familiare coltivatrice; e) la difesa dell'impresa capitalistica. La riforma dei contratti agrari dovrebbe avere lo specifico scopo di scoraggiare e limitare la proprietà fon diaria con esclusivo o prevalente carattere << redditiero » mediante la rigorosa regolazione delle disdette sulla base del principio della giusta causa: e mediante la sostanziale riduzione d'imperio dei redditi padronali a vantaggio dei redditi di lavoro. Al fine, quindi, di rendere effettiva questa duplice limitazione del diritto di proprietà, una legge di riforma dei contratti agrari dovrebbe non soltanto stabilire l'esatta procedura per la determinazione dei massimi canoni di affitto o delle massime quote padronali nel reparto dei prodotti e per il loro adeguamento alle diverse circostanze, ma dovrebbe anche costituire efficienti organi per il controllo dell'applicazione della legge e fissare le sanzioni per gli inadempienti (5 ). ( 5 ) Nel disegno di legge di riforma dei contratti agrari attualmente in discussione, con1e è noto, non è indicata la procedura per la determinazione del cosidetto << equo canone» e la determinazione delle quote di riparto è fatta con grossolano criterio empirico, che potrebbe non corrispondere· all'intento della legge, se questo dovesse essere la eliminazione dei redditi di carattere monopolistico. È evidente, a mio avviso, la necessità che a un tale inconveniente si metta rimedio, stabilendo esattamente il procedimento estimativo al quale le Commissioni per la determinazione · dell'equo canone dovrebbero attenersi. Nell' << Annuario dell'agri·coltura italiana» del Bibloteca Gino Bianco .,
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