tunati. Solo così il problema meridionale poteva assurgere nelle sue pagine alla dignità di massimo problema nazionale italiano. Il Cingari è perciò in errore, quando scrive che Giustino Fortunato non diede una soluzione al problema meridionale, <<poichè fu chiuso davanti al mondo popolare, temette il moto eversore dei <<cafoni >>e, non credendo più alla borghesia meridionale esausta e trasformista, si volse al Nord, sperando da esso quell'aiuto che il Sud non pareva si potesse arrecare da sè » (p. 41 s.): non era infatti dal Nord, ma dall'Unità d'Italia, anche se concepita astrattamente, che il Fortunato attendeva la soluzione dei problemi del Mezzogiorno. Il passo citato più su offre ora l' occasione di affrontare, in ultimo, un punto su cui il libro del Cingari lascia partico- . larmente insoddisfatti. Ad ogni piè sospinto, egli si domanda se il Fortunato tenesse per la classe dirigente o per la classe diretta, concludendo che, pur essendo estremamente critico nei riguardi della prima, non mancò di criticare la seconda, e che, soprattutto, egli non intravvide nemmeno <<la possibilità di una azione politica autonon1a delle masse contadine meridionali >> (p. 44). Proposizione quest'ultima che ha il torto di lasciar pensare che si possa, anche solo per un momento, prendere in considerazione la proposizione opposta. 11 Cingari definisce giustamente il Fortunato come un <<educatore politico » (p. 6). lo insisterei anche, assai più di quanto egli non faccia, su Fortunato parlamentare,_,molto legato al suo collegio, sensibile alla retorica del collegio uninominale ( « molte cose si dimenticano al mondo; ma non si dimentica quell'iBibloteca Gino Bianco gnoto lontano angolo della nostra Italia, per cui volere avemmo la prima volta l'alto onore di sedere in Parlamento rappresentanti la nazione», 1881: Il Mez• zogiorno etc., I, p. 133), seriamente convinto in ogni modo di dover destinare ai suoi elettori, allo scadere del mandato e prima delle nuove elezioni, le pagine forse più belle che egli abbia mai scritte. Egli credeva infatti alla utilità di studiare seriamente i problemi e di esporre i risultati raggiunti dalla • tribuna parlamentare o sulla stampa, convinto che il suo compito si esaurisse nel persuadere della bontà delle sue ragioni altri eletti dal popolo come I ui e nel rendere poi conto di tutto ciò agli elettori del collegio di Melfi, senza preoccuparsi di determinare schieramenti parlamentari e, tanto meno, di evocare nel paese delle forze destinate ad appoggiare le soluzioni proposte. Questi erano i ter1nini nei quali egli concepiva la lotta politica, ed in questo consiste il suo effettivo conservatorismo, che gli impedirà per esempio di comprendere a fondo il valore dell'esperienza giolittiana con tutto quello di buono e di cattivo che essa portava inevitabilmente con sè. La scelta fra <<galantuomini>> e <<cafoni», innanzi a cui viene posto continuamente dal Cingari, il Fortunato non sentì dunque mai di doverla esercitare, perchè per lui la politica non stava nel contrasto fra forze organizzate o fra classi sociali, ma nel sereno e spassionato confronto di idee in un'aula parlamentare. Pure apparte• .nendo a quella grande tradizione di pensiero civile che il Croce rivendicò al Mezzogiorno d'Italia - per rispondere, parrebbe, ad una precisa domanda po-
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