flusso, facilmente documentabile, il Cingari ha mancato di porre in rilievo. Ma se l'analisi da I ui offerta è nel complesso esauriente, è invece da considerarsi come in parte fallito il suo tentativo di storicizzare compiutamente il pessimismo f ortunatiano, che ha origini anche psicologiche, e a proposito del quale, si può forse ammettere che avesse una parziale giustificazione nelle << obiettive, naturali condizioni della lotta politico-sociale del ~uo tempo » (p. 33) - e, potremmo aggiungere, nelìo stadio di arretrato sviluppo della tecnica, ancora impotente di fronte a problemi la cui soluzione implicava modifiche radicali dell'ambiente geografico -, ma non che abbia avuta alcuna radice in 11na pretesa coscienza, attribuita al Fortunato, dell' << incapacità della sua classe di risolvere i problen1i istituzionali di un regime libero >> (1. c.). Una volta analizzata la notissima for1nula 4e1 pessimismo naturalistico, rimane però sempre da chiarire in che modo essa condizionò l'attività del suo assertore. Non è infatti sufficiente rilevare che, contrariamente ai presupposti, in apparenza inconfutabili, di una tipizzazione psicologica, tale atteggiamento ideale non si tradusse in un'attitudine pratica di fatalistica rassegnazione e di acquiescenza alla situazione esistente, ma bisogna anche aggiungere che tutta l'attività del Fortunato ne risentì in qualche modo, e favorevolmente, le conseguenze. Proprio perchè condotta al riparo di quella premessa, intensamente e sinceramente sentita, tutta la sua azione e predicazione politica evitò di scadere al livello della faciloneria riformistica. In ultima analisi, le ragioni della sua opposizione alle provvidenze tipo leggi speciaBiblotecaGino Bianco li, anche a quelle che per avventura in~ teressassero la sua Basilicata ( << osai allora oppormi senza rispetti umani, nè mai dopo mi volli piegare, solo assenta11do1ni, per amor vostro, dalla Camera quel giorno, in cui la invocata legge fu votata», 1909: Il Mezzogiorno etc., Il, p. 295), vanno ricercate in quella riserva iniziale. Ma questo non basta (qui infatti siamo ancora sul piano negativo di una remora al male operare): negli stessi casi in cui egli approvò in piena coscienza provvedimenti legislativi per il Mezzogiorno, o anche quando proprio lui ne assunse l'iniziativa, il suo pessimismo era destinato a metterlo in guardia contro l'illusi one di dare così per risolti tutti i problemi e a fargli respingere la tentazione di mettersi l'animo in pace e di deporre le armi. Del resto, qualcosa di simile accadde per il suo disperato unitarismo. Anche qui c'era all'origine un giudizio errato: il Risorgimento concepito come un miracolo che non ammette spiegazioni, la Unità vista come il frutto della disposizione favorevole di un Dio finalmente placato; e il tutto pagato poco o niente, appena con qualche migliaio di morti, un numero irrisorio di fronte a quello dei caduti per l'unità germanica (Il lv!ezzogiorno etc., II, p. 475 s.)... Ma proprio in quanto egli prospettava l'unificazione come una meravigliosa leggenda e l'Unità come un mito che non si discute, perchè non appartiene alla storia, la sua azione di meridionalista evitò anche la apparenza di porsi come un'istanza particolaristica e disgregatrice, senza assumere mai il tono acrimonioso del lamento dei parenti poveri che cercano di strappare qualcosa ai congiunti più for-
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