cl1e passa dal 13,56% dell'U.D.N. del '46 al 4,65% del '53; del P.R.I. che passa dal 5,01% all'l,64%. Dall'analisi che precede si possono ricavare alcune conclusioni che ci sembrano di particolare rilievo in questo momento: 1) la destra, pur essendosi concentrata in due partiti soltanto, accusa una perdita di velocità che se non va sopravalutata, deve essere tenuta in seria considerazione, tanto più che al suo interno si va anche sviluppando una concorrenza elettorale tra P.N.M. e M.S.I.; 2) la sinistra, pur avendo segnato tra il '51 e il '53 ui1a - ìieve battuta d'arresto nella sua capacità di espansione, ha tuttavia registrato dal '46 un guadagno massiccio; al suo interno il P.S.I., che ha pagato il prezzo più alto per l'operazione di fronte popolare, dovrebbe aver tutto l'interesse a risollevarsi dalla depressione del '53; e quindi a caratterizzarsi e a correre, come ora ha deciso, da solo i propri rischi; 3) il centro ha visto assottigliarsi paurosamente le forze dei partiti laici e, perdendo di forza e di elasticità, si identifica sempre più nella D.C., dal momento che le vecchie clientele liberali sono in disfacimento, specie nella zona occidentale, e il ceto medio democratico è spinto a sinistra dal clima politico generale; quanto alla socialdemocrazia, i suoi risultati sono stati finora deludenti rispetto alle speranze che in esse si erano riposte. Se queste sono le esperienze elettorali della Regione Siciliana, qual'è stata in questi ultimi anni la situazione politica che è alla origine dei risultati cui si è fatto fin qui riferimento? Si può dire senz'altro che nella sua ìi11eafondamentale la storia politica siciliana mostri lo stesso sviluppo di quella del Mezzogiorno continentale: la storia politica siciliana, cioè, è anch'essa determinata dall'esplosione delle sinistre. Il processo di liberazione delle plebi contadine ed urbane ha varcato lo stretto, ha rivoluzionato la vita politica della regione. Nel 1921 il P.C.I. aveva nell'isola meno del 3% dei voti e il P.S.I. meno del 100/4:oggi, questi due partiti hanno il 30% dei voti; controllano, cioè, circa un terzo dell'elettorato siciliano. È il bracciante assetato di terra o il piccolo affittuario che mena sul povero can1po una vita grama e stenta; il minatore delle miniere di zolfo ossessionato sempre dall'idea della chiusura della miniera; il proletariato delle grandi città che appena si risveglia dal torpore secolare; l'intellettuale borghese anche, che insegue in una politica di sinistra una spera11zadi rin110vamento totale: spezzato il cerchio della pesante tradizione clientelistica cd agraria, questa massa ha compreso la potenza del voto politico e se ne Bibloteca Gino Bianco
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