Nord e Sud - anno II - n. 5 - aprile 1955

..... mento dei rapporti tra proprietari fondiari e lavoratori, della trasformazione dei primi in redditieri e dei secondi in imprenditori diretti coltivatori. Nella stessa direzione opera anche il secondo gruppo di fenomeni, cui abbiamo fatto cenno. La nuova proprietà borghese era stata, sì, all'atto della sua costituzione e nella sua fase di consolidamento proprietà imprenditrice e il suo esempio era stato largamente seguito; ma il mestiere d'agricoltore non aveva neppure allora rappresentato per la borghesia meridionale un ideale di vita. L'aspirazione d'ognuno non era quelia di legar sè e la famiglia all'esercizio dell'agricoltura, bensì l'altra di seguir la via degli studi superiori, delle professioni, del sacerdozio, dell'emigrazione in città, a star meglio, a far star meglio i figli. Se nella prima generazione i nuovi proprietari avevano avuto sufficienti forze e ragioni .per contenere in sè queste tendenze ed aspirazioni, nella seconda e nella terza - cioè appunto a cominciare dal 1880- essi sono stati) per così dire, inevitabilmente spinti ad assecondarle, non foss'altro per il fatto che, all'atto della successione ereditaria, i patrimoni, suddividendosi, perdevano quella consistenza che sola poteva giustificare l'impegno del proprietario a dedicare la propria esclusiva o prevalente attività all'esercizio del1'agricoltura. Assecondare quelle tendenze, tuttavia, conservando la proprietà non si poteva, se non cedendo ad altri l'onere dell'impresa. E questo avvenne. Le terre organizzate in « masserie )) passarono in gran parte nelle mani di grandi e medi affittuari; quelle, sia estensive che intensive, adatte alla piccola impresa e capaci di assicurare elevate rendite di monopolio furono cedute a coltivatori diretti con piccoli affitti o colonie improprie, con o senza l'aiuto d'intermediari. Solo nei casi di oliveti ed agrumeti bisognosi di scarsi interventi, al di fuori del raccolto, la proprietà mantenne, per così dire, la gestione dell'impresa. Qualcosa di simile avvenne a più forte ragione nel caso in cui il vecchio proprietario o i suoi eredi fossero stati indotti a vendere e ad essi fossero subentrati uno o più acquirenti non diretti coltivatori, provenienti da classi non agricole, avidi di trovare per i propri risparmi minacciati dalle svalutazioni un investimento di tutto riposo. In tal caso, infatti, l'idea della diretta gestione dei fondi neppure si affacciava alla mente, tanto più che i nuovi proprietari vedevano, nei contratti agrari a canoni crescenti, doppiamente soddisfatta l'esigenza che li aveva spinti all'acquisto. Cosa sia successodella proprietà borghese nel Mezzogiorno sotto l'azio- [18] Bibloteca Gino Bianco

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