Nord e Sud - anno II - n. 5 - aprile 1955

oggi affronta, con il largo aiuto dello Stato, il problema della trasformazione fondiaria delle terre estensivamente coltivate. Se poi agli investimenti fondiari si aggiungono quelli per l'esercizio delle aziende stesse, e in particolare per il bestiame da lavoro e da reddito, lo sforzo appare imponente perchè è certo da attribuire a questo tipo di agricoltura una gran parte dell'aumento dei bovini ed equini che si riscontra nel Mezzogiorno tra l'uno e l'altro censimento (200 mila bovini, ossia il 30% in più tra il 1864 e il 1881; 400 mila, ossia il 45% in più, tra il 1881 e il 1908). Se, poi, si considera lo sforzo compiuto per l'allargamento delle zone a colture arboree specializzate e promiscue, l'opera della borghesia meridionale nel secolo scorso appare veramente imponente. Anche qui cifre sicure mancano e bisogna ragionar per induzione sui pochi dati di cui si dispone. Non si va, tuttavia, probabilmente lontani dal vero supponendo che nel . secolo che precede la prima guerra mondiale, e in massima parte - tra il 1860 e il 1880- si siano piantati più di 200 mila ettari di oliveti specializzati e 20 milioni di piante d'olivo in coltura promiscua; 600 mila ettari di vigneti specializzati (oltre alle ricostituzioni dopo l'invasione fillosserica) e più di. 30 mila ettari di agrumeti, senza contare i fruttiferi in coltura promiscua. Certamente a quest' estendimento delle colture arboree hanno partecipato la proprietà coltivatrice e i contadini legati ai contratti miglioratari; . tuttavia anche questo sforzo è stato realizzato (in massima parte) mediante l'iniziativa e l'investimento padronale. Queste poche indicazioni non soltanto testimoniano il consolidamento· su vasta scala delle imprese padronali, ma permettono di comprendere anche l'evoluzione dei rapporti dei lavoratori con la terra. Prima che questo avvenisse, per la mancanza o l'estrema scarsezza di imprese organizzate e di terre trasformate, i lavoratori agricoli trovavano solo uno scarso impiego presso le aziende altrui, mentre non si potevano chiamare veri e propri contratti agrari gli accordi di affitto per le poche terre da loro coltivate. Lo stato di servo presso altri, l'affitto di poca terra, · qualche giornata a salario, il godimento degli usi civici, la raccolta dei frutti spontanei, bastavano al miserabile sostentamento del contadino, disoccupato per una gran parte dell'anno, legato ad un tempo ai vecchi rapporti servili e alla permanente servitù dell'usura. Con l'affermarsi della nuova proprietà e delle nuove aziende, invece, si aprirono a lui nuove possibilità e, se molte terre si chiusero _aisuoi usi precari, crebbero le possibilità vicine e lontane del lavoro a salario. Bibloteca Gino Bianco I

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==