Nord e Sud - anno II - n. 5 - aprile 1955

derio d~ ripresa, un impulso alla riconquista della propria dignit1· civile e politica; il ceto medio doveva (per Vinciguerra, come per Ferrero, Salvatorelli ed Abbiate) costituire la base, il tessuto· sociale dell'Unione Nazionale: « È necessario dare alla borghesia non una più chiusa e più energica coscien~a dei propri interessi di classe (se ne è già fatta troppa di politica classista su base economica e ciò ha infiacchito e non rinvigorito le fibre delle classi sociali), ma dei propri fini e della propria missione politica come indispensabile ceto equilibratore della società moderna >>. Non interclassismo, dunque, come avrebbero desiderato Abbiate e come più o meno finiva col concludere Ferrero: ma politicizzazione di un ceto politicamente arretrato, qualunquista ante litteram, e che tuttavia forniva i quadri ed impersonava le strutture dello Stato. La conclusione ultima di Mario Vinciguerra era questa: che in fondo il problema non era soltanto di far aderire il proletariato allo Stato moderno, ma soprattutto e anzitutto di inserire efficacemente e consapevolme~te nella vita pubblica, attraverso una lotta per la libertà, proprio quel ceto medio e quella piccola borghesia che ne erano lontani. Guglielmo Ferrero proponeva invece di chia1nare a raccolta tutti gli uomini di cultura, aflìnchè dessero il proprio contributo al rinnovamento strutturale della società italiana ed alla elaborazione di quei nuovi strumenti che erano necessari per soddisfare i nuovi dati della vita pubblica. Si trattava per lui di creare un nuovo partito democratico il quale com- - pisse, continuandola, l'opera del partito liberale; e portasse in Parlamento uno spirito nuovo cui potesse ispirarsi una nuova classe dirigente. Una volta chiariti gli aspetti essenziali dell'azione politica che l'Unionè Nazionale doveva svolgere nel paese, si presentò la necessità di precisarne il contenuto concreto e le formule programmatiche. Carlo Sforza ebbe l'incarico di tenere la relazio11e sulla politica estera. Le critiche di fondo che egli rivolse alla politica estera di Mussolini anticipavano quelle che l'anno seguente espresse Salvemini nel Mussolini diplomatico: esisteva - secondo Sforza - una continuità fra il linguaggio usato dal Popolo d'Italia nel 1914, allorchè era impegnato nella difesa dell'interventismo co11servatore, e la linea imperialista inaugurata dal fascisn10 dopo la conquista del potere: ma a questo punto Sforza dimostrava che tale imperialismo· si era rivelato del tutto incapace di concretizzarsi in programmi coerenti e procedeva piuttosto a singulti, scoprendo una vera e propria mancanza di Bibloteca Gino Bianco

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