politica, proprio perchè si esprime nella ricerca della « tradizione che mette capo agli uomini di dottrina e di pensiero » : la « sola )) tradizione, di cui l'Italia Meridionale « possa trarre intero vanto >>. I grandi motivi della polemica meridionalista contro le classi dirigenti sono ben presenti nell'opera crociana, che non indulge certo ai tendenziosi luoghi comuni della pubblicistica nazionalista intorno alla « riserva di saggezza )) e al « senso dello Stato )) riferiti all'opinione pubblica meridionale. Giustamente Chabod ha messo a confronto i risultati della storia del Mezzogiorno, « grande solo per la tradizione dei suoi uomini di studio », e il quadro che Croce traccia del Piemonte nella Storia d'Europa: « qui la storia nasce veramente dalle "viscere" del popolo e la tradizione del passato è garanzia dell'avvenire, gli sparsi castelli feudali non evocando turbolenze ed anarchia, ma "epici ricordi" di lotte militari con il sovrano e per il sovrano: cioè per lo Stato >>(28 ). Una eco di questa diversa realtà storica si può trovare, ad esempio, quando si prenda in considerazione l'attuale legittimismo: mentre, cioè, in Piemonte il sentimento monarchico si è espresso in un'idea dello Stato, e come tale sopravvive qua e là, dignitosamente nostalgico, nel Mezzogiorno esso ha le sue radici in antiche immagini festose e fastose, cortei, luminarie, carrozze, beneficenze di ricchi e illusioni dei poveri; e come tale viene ancora artificiosamente e demagogicamente eccitato da certi settori del ceto dominante, per dirottare l'attenzione popolare dalle rivendicazio11ieconomiche, aggiogando (mediante il ricorso, appunto, alla deformazione retorica di sentimenti elementari) i ceti umili agli interessi delle • consorterie. Nel Mezzogiorno manca proprio la coscienza dello Stato; e non è questione di analfabetismo e sottoproletariato, perchè questo dato storico-politico investe la borghesia, i notabili, le rappresentanze politiche ed amministrative. Croce ne fu tanto consapevole che il giudizio sulla deficiente coscienza etico-politica, si può dire fornisca il filo conduttore a tutta quanta la storia del Regno di Napoli; non solo per i baroni del Medio E,ro e per la nobiltà del Viceregno; ma anche il suo giudizio sulla più recente borghesia di provincia, sui cosiddetti « galantuomini >>, non è meno duro di quello che fu espresso dalla polemica salveminiana e dorsiana : « le mancava la necessaria elevazione d'animo per appropriarsi un concetto politico, sentirne la ( 28 ) F. CttABOD, cit., p. 494. Bibloteca Gino Bianco
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