Nord e Sud - anno II - n. 4 - marzo 1955

nente degli intellettuali in assoluto, ma, in concreto, la mancata integrazione della loro operosità con la presenza di una altrettanto operosa classe politica. È qui, appunto, nella tanto discussa conclusione della Storia del Regno di Napoli, che il problema della società meridionale, e cioè « la questione meridionale >>in senso lato, viene riportato ai suoi termini essenziali: la tradizione culturale (che si è iscritta nella storia del pensiero europeo, ed è all'origine e alla conclusione della lotta per l'Unità, recando poi alla nuova Italia il contributo politico della sua altissima ispirazione civile, prima della decadenza di questa ispirazione ad atteggiamento « inerte e di maniera >>e del suo spegnersi in « effettiva ed immedicabile inettitudine pratica » (25)) non ha potuto « compenetrare di ·sè » il costume, gli orientamenti, l'azione politica delle classi dirigenti meridionali. Le sue vittorie politiche, non perciò minimizzabili, sono state condizionate da situazioni generali; cessate le quali, le forze che si richiamavano a questa tradizione sono rimaste scon- , fitte sul terreno politico, di fronte alle continue reincarnazioni del Duca di S. Donato (26 ), nella cui « popolare » figura sembra riconoscersi inguaribile quello che oggi potremmo chiamare il « qualunquismo >>del paese. Così, la continuità del severo costume civile e della dura tempra politica degli Spaventa, dopo la.vittoriosa lotta per l'Unità, ripiegò nella denuncia storicopolitica della inettitudine delle classi dirigenti meridionali; e il primo atto di questa denuncia si può riconoscere proprio nell'amarezza dei giudizi di Silvio Spaventa a proposito dei napoletani suoi concittadini; una denuncia che poi sempre ricorre, a volte ironica, come nel Viaggio elettorale di De Sanctis; a volte accorata, come negli appelli di Giustino Fortunato al « raccoglimento interno >>; o perentoria, come nella polemica di Salvemini e di Dorso contro i « galantuomini » e il trasformismo; o « religiosa », come nella «vocazione>> che impegnò Giovanni Amendola nella lotta politica per una battaglia d'intransigenza morale. Lungi dal respingerle, Croce accolse queste denuncie (27); ed il suo giudizio sulla storia del Regno di Napoli e sulla vita politica nell'Italia meridionale è un giudizio che condanna appunto le classi dirigenti; un giudizio che è definitivo proprio perchè privo di immediati riferimenti a questa o a quella vicenda ( 25 ) B. CROCE: Una famiglia di patrioti, pag. 40. ( 26 ) « Lo Spettatore Italiano», a. I, N. 1, pag. 10 (« Il Duca di S. Donato»). ( 21 ) B. CROCE: Storia del Regno di Napoli, pag. 284. Bibloteca Gino Bianco

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