Nord e Sud - anno II - n. 4 - marzo 1955

Si leggono in Aretusa due articoli di ricordì personali sul giugno del 1940, l'uno di Carlo Sforza: Giugno 1940. Cose viste, e l'altro di Guido Dorso: Equilibrio ed egemonia: la sconfitta militare e politica della Francia, la nostra entrata in guerra, come la risentirono e la vissero due politici italiani, che si trovarono, in quelle tragiche settimane, in situazioni quanto mai diverse. Carlo Sforza, in Francia, a contatto con gli uomini politici francesi, ci dà un quadro vivissimo di quel che dovette essere nel mese decisivo della sconfitta I' am·biente politico francese. Nella vivida lucidità del suo stile, Sforza racconta la sua avventura personale, i suoi incontri politici, la sua diretta partecipazione agli eventi: Nel nuovo ministero che Pétain formò il 17 giugno, gli esteri andarono a Baudoin, già sottosegretario con Reynaud; la difesa militare a W eygand; la marina al furbo e procacciante Darlan .. Poche ore dopo, Pétain decise di chiedere un armistizio a Hitler; a quello con Mussolini non pensò che parecchi giorni dopo. La sera stessa del 17 annunziò per radio ai francesi: « Col cuore oppresso vi annunzio che dobbiamo cessare di combattere. Ho chiesto al nostro avversario se è pronto a firmare con noi, come fra soldati, nell'onore, un documento per porre fine alle ostilità >>.La risposta immediata furono nuovi bombardamenti di Bordeaux tanto per sbarazzare il terreno dalle frasi untuose di Pétain « nell'onore ... fra soldati ... ». Mi ero stabilito tre giorni prima a Royan, a poche miglia sopra Bordeaux, con mia moglie, i miei figli, un cugino e altri amici italiani. Ma anche jl 1 7 passai la giornata a Bordeaux ove vidi sue} cessivamente il vecchio ma mirabilmente combattivo Jeanneney, presidente del Senato, il mio fedele amico Herriot, presidente della Camera, Campinchi, ministro della marina fino al giorno innanzi, 1v1andel.A tutti ripetei : « Se da Algeri o da Rabat griderete che siete la Francia, se de Gaulle proclama da Londra che una serie di battaglie è perduta ma non la guerra, Pétain cesserà pt1esto di esistere come pretesto di tradimenti o di equivoci>>. Trovai gli animi disposti ad agire; quel che troncò lo slancio fu il subitaneo annunz~o della do.. manda di armistizio e la gio~a aperta che i « patriotes >>professionali ne mostrarono. Solo verso le quattro andai per un tardivo lunch al famoso « Chapon fin>> con mio cugino; c'era tutta la Frrancia « comme il faut »; la notizia della domanda di armistizio era corsa di tavola in tavola rallegrando tutti; quegli aristocratici, quei finanz:eri, quelle belle dame già vedevano una felice imminente alleanza di una Germania << conservatrice » con la Francia di un nuovo Mac Mahon, pronubo Mussolini; Pietri, più tardi ambasciatore di Pétain presso Franco, si fermò al mio tavolo per salutarmi: « C'est bien triste; mais permettez-moi de vous le dire mon cher comte : nous éspérons enco~e que Mussolini ... » Gli voltai le spalle; anche per la viltà e la stupidità ci sono dei limiti; ma caddi, Bibloteca Gino Bianco

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