Nord e Sud - anno II - n. 3 - febbraio 1955

ancora in arretrato rispetto al codice O.E.e.E., senza ricorso ad altri sotterfugi protezionistici; che si insista da parte dell'Italia perchè i partners concretino questa politica, che si insista finalmente nella creazione del mercato comune, della grande area economica dell'Europa occidentale, dove le merci e la mano ,d'opera italiane possano circolare libe1·amente,e dove soltanto i prodotti della trasformazione economica del Mezzogiorno possono trovare il loro sbocco, a sollievo della bilancia dei pagamenti. Del resto, anche i commenti ufficiali al Piano Vanoni apparsi nelle corrispondenze da Washington hanno sottolineato questa interdipendenza tra programmi di sviluppo economico e integrazione europea, nel sensoche la riuscitadei primi è condizionata dai progressidella seconda. Ora, al di là dell'ottimismo apparente, cosa fanno prevedere le riu11,iondi i Parigi? Passeranno molti mesi prima che tra le più varie comtnissioni di studio si giunga a qualche risultato pratico: e quando questo risultato vi sarà -- se vi sarà -- in che cosa mai potrà consistere? In facilitazioni per un afflusso di capitale straniero? Noi non abbiamo certo la suscettibilità nazionalistica che si sono scoperta da qualche tempo a questa parte i comunisti italiani; e riteniamo perciò che a certe condizioni -- quelle del Canadà, per intenderci, e non quelle della Persia - il capitale straniero è benvenuto nella misura in cui ci aiuta a risolvere dei problemi che da soli non potremmo risolvere. Ma a questo punto noi chiediamo quale sarà il prezzo. Si dovrà forse rinunziare alla politica europeistica, alla spinta verso il mercato comune? Se questo dovesse avtJeniresi comprometterebbe veramente la riuscita effettiva del Piano Va.. noni, i risultati di questo finirebbero soltanto col giovare a pochi gri,ppt monopolistici. E' preoccupante ve,derecome Le Monde in un suo editoriale si sia pron'tamente lanciato sul Piano Vanoni, pretendendo che questa è la vera Europa, non quella dei burocrati apolidi, malati di sopranazionalità. c:hi abbia seguìto la diuturna, ostinata polemica di questo giornale, sa benissimo quale sia il suo et,1,ropeis·mol',europeismo senza poteri sopranazionali, senza istituzioni politiche comuni, senza esercito integrato e naturalmente senza mercato unico. Che in questa Europa certi circoli dirigenti di Parigi vedano la possibilità di investimenti di capitale in Italia è normale e comprensibile; si potrebbe fare finalmente dell'europeismo [6] Bibloteca Gino Bianco

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