Nord e Sud - anno II - n. 3 - febbraio 1955

- Sulla strada essi appresero dai più grandi le prime esperienze. La strada compose ne!lle loro menti un tipo ideale di uomo, una morale ed un linguaggio del tutto particolari. Mancavano ne~le vicinanze del quartiere attrezzature sportive, campi da giuoco aperti a[ pubblico, e la strada divenne la palestra delle loro attività fisiche. Per anni, fra guardie e giovani si stabilì una contesa accanita, a base di corse e rincorse, lazzi e multe, sfide e minacce. La morale del gruppo, per questa ed altre ragioni, si legò ad una sorta di furbizia: il massimo grado di abilità raggiungibile era rappresentato da un'attitudine a « far fesso» il prossimo, ad imporsi attraverso la battuta salace, a mettere sotto il più debole o il più picco1o d'età, a spararle più grosse possibile senza essere denunziato quale falsario. U r1 uomo, che potesse dirsi tale, doveva possedere forza fisica, qualità atletiche, allegro be'cerismo, dongiovannismo spinto. Povero come tutti i linguaggi cittadini - non più dialetto eppure lingua parlata, non romanesco perchè troppo imborghesito -, il linguaggio dei giovani era fondato su uno stato d'animo di falsi « bulli »: di borghesi che ad ogni costo tentano di imitare i popolani « dritti». In tutto quel periodo che va dal 1930 in poi, i giovani non videro mai ca1are tra di loro qualcuno che avesse volontà e prestigio per riunirli e toglierli dalla strada. Un oratorio non esistette mai: in parrocchia prosperavano iniziative assistenziali, ma i cattolici - ritenuti figli di papà, inesperti del mondo - facevano una questione d'onore del fatto di rimanere estranei all'ambiente. A tenere uniti tanti giovani, pertanto, fu il giuoco del calcio, sentito come impegno totale, che ingaggiava Ila coscienza dei praticanti fin nella loro vita più intima. Questa concezione scrupolosa del dovere sportivo conferì ad un'intera generazione una scala di valori di cui è necessario mettere in luce anche gli aspetti positivi. _ L'educazione generale del giovane in quel tempo concorreva alla creazione di un culto del fisico, delle gesta sportive, che stava per tradursi nel mito assai più pericoloso detle imprese belliche. Nella cura attenta del proprio corpo, neila tensione delle contese agonistiche, riprese al sabato nelle adunate fasciste, i giovani avvertirono, come in una eco, il riprodursi di certi sentimenti cari ai padri: un senso disciplinato del dovere, lo spirito di sacrificio e di_bandiera, la presenza di una autorità. La moralle sportiva del gruppo non rappresentò, quindi, un fatto esclusivamente negativo; segnò, piuttosto, un limite esatto all'arbitrio che [68] Bibloteca Gino Bianco

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