barlume di luce, forse, le firme redazionali che il 19 dicembre, sul Roma, non sono apparse. Novant'anni di vita sono molti per una testata giornalistica;· e non si può dar torto a coloro che idealizzano il ricordo del Roma di ieri, quando si pensa · che il ciclo di questi novant'an1_1i,chiuso borbonicamente nel nome dell'armatore Lauro, si è aperto nel nome di Garibaldi. Pietro Sterbini (primo direttore del giornale e suo fondatore, con Giuseppe Lazzaro, il prof. Diodato Lioy, proprietario, e Giovanni Brombeis, proto della tipografia di Lioy) era stato ministro dei Lavori Pubblici della Repubblica Romana nel 1849 e si era poi avvicinato al programma monarchico, pur restando soprattutto fervente ammiratore e fedele seguace di Garibaldi. Si spiegano così l'origine della testata Roma e le quattro parola che enfaticamente la sottolineavano : « monarchia e democrazia - religione e libertà ». I primi passi del Roma furono difficili : volle sospendere le pubblicazioni dopo quattro giorni per non sottomettersi alla censura delle autorità che avevano proclamato lo stato d'assedio in seguito all'episodio <li Aspromonte; riprese le pubblicazioni in novembre; dopo un anno morì Pietro Sterbini e gli successe Giuseppe Lazzaro, mentre Giovanni Brombeis diventava « l'anima del giornale>>. Lioy e Brombeis, con i loro collaboratori, da lmbriani a Bovio, sostennero animose battaglie municipali, accompagnarono il giornale dall'infanzia all'età adulta, lo guidarono secondo una linea politica di «sinistra», con tutte le venature del tempo, massoneria e positivismo, popolarismo ed egualitarismo, radicalismo, antitriplicismo, irredentismo. Sul piano culturale si devono ricordare le lezioni di Francesco de Sanctis, pubblicate dal Torraca. Il romanzo d'appendice fu a quel tempo un importante elemento della diffusione del giornale; e fu quello il periodo della gran vena di Mastriani. Eppure fu « l'incolto Roma))' « il giornale dei portieri», malgrado le lezioni di De Sanctis e le nobili battaglie post-risorgimentali; perchè non fu mai un giornale moderno, fu un giornale napoletano, tutto napoletano, il giornale dei romanzi di Mas~riani e delle grandi campagne sulle questioni· municipali, indulgente però a tutti i luoghi comuni del deteriore napoletanismo - all'Oro di Napoli, per intendersi - e il cui impegno culturale non fu mai meno generico e meno ingenuo di quello che può desumersi e riassumersi dal titolo di un'opera dello stesso Diodato Lioy: L'economia politica a volo d'uccello. E' vero· che in quella ingenuità stava una certa grandezza. Ma l'anima del gior-. nalismo moderno risiede altrove, se per giornalismo moderno si deve intendere l'origine o la continuità di salde tradizioni politiche e civili: la severa passione di cittadini, la pensosa sollecitudine verso gli interessi del pubblico, l'impegno culturale di rompere la crosta di provincialismo che chiudeva alla stampa italiana prospettive europee, la tçnsione a creare ed occupare un determinato spazio politico, tutte queste cose si equilibrano armoniosamente nelle esperienze di Frassati e di Albertini; e se non risparmiarono ad essi gli errori che pur commisero e l'uno e l'altro, con Giolitti e contro Giolitti, per la neutralità e per l'intervento, nelle loro redazioni e nella Camera Alta, consentirono però loro Bibloteca Gino Bianco
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