Nord e Sud - anno II - n. 3 - febbraio 1955

Nella relaz~one introduttiva del Convegno (2 ) le condizioni generali del Mezzogiorno vengono esaminate, senza concessioni ad opportunismi politici. Tutta la tradizione meridionalistica, da Villari a Dorso, viene richiamata esplicitamente, senza indebite esclusioni. E sulla base di queste premesse si delinea il quadro della società meridionale : proprietari retrivi e contadini oppressi, mancanza d'industria, mancanza d'una classe media, borghese e intellettuale, capace del ruolo di classe dirigente. Con questa ampiezza di termini, che qui si son brevemente richiamati per mostrare anzitutto come l'azione degli universitari si realizzi nell'ambito di una tradizione e nella con5apevolezza di una storia, veniva dunque introdotto il tema delle « università meridionali >>. E si passava così nella relazione ad indicare i termini di una iniziativa politica. Si poneva, anzitutto, l'esigenza di individuare le profonde revisioni necessarie per rendere attuale la tradizione meridionalistica. « Bisognerà riscoprire soluzioni nuove, produrre idee nuove, rivedere il Mezzogiorno nei nuovi possibili sviluppi in rapporto non solo alla realtà nazionale ma anche alla realtà europea e mondiale, in definitiva alla realtà moderna ». Ma quel che più importava era pur sempre il definire i compiti che più da vicino riguardavano gli universitari: « vogliamo inserirci nella vasta opera che la nazione sta compiendo in favore del Mezzogiorno, decisi a non sottrarci ad un preciso dovere civile... >>. Dall'esame generale compiuto si traevano già le principali considerazioni da cui prendere le mosse: gli univers1tari meridionali si presentavano come gli eredi d'una pesante situazione storica che li indicava come incapaci di atteggiarsi a moderna classe dirigente. Un dato statistico : la netta propensione degli universitari meridionali per le facoltà umanistiche si spiegava con un giudizio storico ben preciso: una classe media di intellettuali, d'origine piccolo borghese, aveva sinora svolto nella storia del Mezzogiorno una funzione di conservazione. Il pericolo tornava a riproporsi. Non già per il fatto meccanico della scelta di un ordine di studi piuttosto che d'un altro, ma per la stanca, rassegnata accettazione con cui questo avveniva, perchè già per i giovani universitari del Sud si delineava, al di là dell'Università, un avvenire di funzionari, piccoli procuratori, insegnanti e maestri, disorganizzati e soverchiati dalla generale situazione politica. La disastrosa condizione delle università meridionali non faceva che render più concreta tale minaccia : le devastazioni della guerra, la deficitaria situazione degli istituti e delle attrezzature universitarie, la mancanza d'ogni organica politica assistenziale. A questi dati s'accompagnava la indicazione, non meno concreta, dell'atmosfera deprimente degli « Studii » meridionali: la critica si spostava sul piano del costume, dell'ordinamento degli studi, della burocrazia universitaria, ( 2 ) La si ritrova intera nella pubblicazione, a cura dell'U.N.U.R.I.: Convegno di studio sui problemi delle Università dell'ltal·a meridionale e insulare, Napoli 1952, che contiene anche tutte le relazioni tenute al Convegno e le mozioni approvate. Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==