rispondere ai suoi cittadini, a titolo assistenziale, una cifra annua di un altro mezzo miliardo di lire. E' invece difficile valutare l'ammontare delle rimesse inviate dai .lavoratori alle famiglie in Italia, poichè la maggior parte di essi, in assenza di un ente che vi provveda, preferisce operare tramite i missionari cattolici, dovunque attivissin1i e presenti, o per mezzo di piccoli operatori privati, per quanto non sempre onesti; tuttavia, da calcoli abbastanza attendibili (e, semmai, ~pprossimati per difetto) risulta che una cifra pari ad I I miliardi di lire viene annualmente trasferita in Italia. Queste cifre, già di per sè imponenti, vanno notevolmente maggiorate se si pensa che l'emigrazione italiana auto.finanzia, nella proporzione del 90%, le varie forme di assistenza che ad essa vengono prestate da enti italiani; dovunque, infatti, prosperano fiorenti missioni cattoliche, case d'Italia, sodalizi e società sportive che traggono dal contributo dei soci o simpatizzanti i cespiti per il loro funzionamento e la loro attività. Quale è ora la parte che spetta in tutto questo complesso al Meridione? Si e accennato, all'inizio, alla presa di posizione dell'Associazione svizzera degli imprenditori edili, ostile agli arruolamenti nel Meridione; più o meno sulla stessa linea di prevenzione si è sempre mossa, finora, la altrettanto potente associazione dei contadini. Sta di fatto che le provincie meridionali hanno mandato in Svizzera, nel 1953, solo 3.153 operai, pari al 2% della massa dei lavoratori italiani emigrati in questo Paesé; ma, per quanto irrisoria possa apparire tale percentuale, essa presenta, rispetto all'anno precedente, un aumento del 100%. Le provincie che forniscono i maggiori contingenti sono quelle di Lecce (1.077) e Caserta (1.038); seguono Reggio Calabrìa e Catanzaro, rispettivamente con 580 e 452 lavoratori. La maggioranza di essi è costituita da lavoratori agricoli e da manovali cl1e hanno dato, in genere, ottima prova delle loro capacità, una volta assuefatti al nuovo ambiente. Il problema della scarsa partecipazione della gente del Sud all'emigrazione in Svizzera non può quindi essere spiegata soltanto con il preconcetto di un minor rendimento del lavoratore meridionale in un paese nordico, così diverso dal proprio, per abitudini e mentalità, nè facendo semplicemente ricorso alle remore psicologiche dei datori di lavoro elvetici; le quali esistono in verità - e di esse si spiegheranno successivamente le ragioni - ma non sono determinanti, e lo prova il fatto che l'esperimento compiuto nel 1952 ha portato, in un solo anno, al raddoppio del contingente meridionale sul territorio elvetico. Bisogna quindi cercare anche altrove le cause di tale fenomeno. Fra queste la più importante è costituita dal fatto che il meridionale è anzitutto un emigrante tradizionalmente diretto verso i paesi transoceanici, mentre l'italiano del Nord emigra di preferenza nei paesi europei; e poichè questi diversi orientamenti hanno profonde tradizioni, che nascono a loro volta da condizioni sociali ed economiche obiettive, sono quindi, entro certi limiti, difficilmente modificabili. Ci si può ora chiedere se - dato che l'emiBibloteca Gino Bianco.
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