è più malleabile e meno esigente di quella di altri paesi e rende, in proporzione, assai di più. Inoltre, poichè nel dopoguerra, primo ·fra tutti i paesi confinanti con la Svizzera, l'Italia ha potuto consentire l'espatriò ai suoi cittadini in cerca di lavoro e poichè gli abitanti delle regioni più vicine - per i quali l'emigrazione stagionale verso la Svizzera era orn1ai una tradizione - si sono presentati, prima degli altri, sul mercato elvetico, si sono venuti consolidando fatalmente taluni orientamenti preferenziali in senso regionalistico e si sono rafforzate contro i meridionali talune prevenzioni di cui i lavoratori del Nord sono troppo spesso i più o meno coscienti propagandisti. Nel 1953 hanno trovato così lavoro, in Svizzera, 156.000 lavoratori italiani, cioè più del quadruplo di guanti ne erano stati assunti nel 1946 e quasi i] doppio di quelli ingaggiati nel 1949; la ripartizione per categorie di impiego è, nell'ordine decrescente di importanza numerica, la seguente: lavoratori agricoli, domestici, edili, personale alberghiero, lavoratori tessili e del1 'abbigliamento, metalmeccanici. Dall'esame delle cifre relative risulta, in realtà, un regresso, rispetto a talune punte precedentemente raggiunte in alcuni settori e ciò è dovuto alla concorrenza che alla nostra mano d'opera fanno i lavoratori di altre nazionalità (soprattutto austriaci e tedeschi), in particolare nel lavoro domestico, nell'industria metalmeccanica e nell'industria alberghiera: la mano d'opera italiana ha ancora, tuttavia, rispetto a quella di altri paesi, un certo vantaggio numerico in quanto rappresenta il 51 % di quella complessiva. . Queste cifre stanno ad indicare che nell'insieme ci si va orientando verso una stabilizzazione nel volume dell'emigrazione italiana verso la Confederazione Elvetica e, con la riduzione in determinati settori di talune punte do- . . . . . . . . ' vute a temporanee congiunture, c1 s1 avvia verso una r1part1z1one p1u proporzionata fra le varie categorie di impiego. E' probabile che ci siano forse ulteriori flessioni nella metalmeccanica e nell'industria tessile, ma si può ragionevolmente sperare che, salvo una recessione economica mondiale che avrebbé dirette e gravi ripercussioni anche in Svizzera, la emigrazione italiana potrà oscillare,. nel prossimo futuro, fra le 100.000 e le 120.000 unità annue, di cui almeno 75-90.000 occupate in un ciclo produttivo a carattere non stagionale. , L'emigrazione italiana in Svizzera, se rappresenta una fonte di ricchezza per il Paese che la impiega - ed onestamente gli svizzeri ce ne dànno atto - lo è anche per il Paese di origine.: fra vidimazioni di contratti obbligatori a carico del datore di lavoro ed i vari atti amministrativi che gli emigranti sono tenuti a compiere presso le autorità consolari, il Tes~ro italiano realizza un introito annuo di circa 300 milioni di lire; un ulteriore beneficio di 3 miliardi deriva dai contributi sociali, corrisposti in buona parte dai datori di lavoro svizzeri e trasferibili in Italia, in base ad un recente accordo, all'Istituto di Previdenza Sociale. Se si aggiungono, infine, le altre misure o provvidenze di cui, a vario titolo, godono i nostri lavoratori in Svizzera o all'atto del loro rientro in Italia, si può calcolare che lo Stato italiano venga esonerato dal corBibloteca Gino Bianco I
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==