Nord e Sud - anno II - n. 3 - febbraio 1955

Denunciando il contrasto tra la loro azione apparentemente meridionalista e il loro sostanziale antimeridionalismo, noi mettiamo in evidenza un altro 1notivo della nostra polemica contro i com t1nisti, la cui forza reale « non consiste tanto nel loro sovversivismo quanto nel loro mimetismo>>. Ben lontani dal con1mettere l'errore di attribuire lo sviluppo politico ed elettorale del P .C.I. nel Mezzogiorno e in Italia solo ad « una particolare tecnica organizzativa )), ricon~sciamo le ragioni storiche e politiche di questo fatto, il grave squilibrio che deriva dall'assenza di organizzazioni liberali e democratiche. Nel Mezzogiorno, come in tutta l'Italia, c'è un vuoto al centro dello schieramento democratico e ciò agevola la espansione comunista, la sua tattica frontista. Nella misura in cui si riconoscono queste cose è evidente che non ci si limita ad un'analisi ideologica, ma si propone una concreta azione politica. Queste sono, dunque, le ragioni del nostro anticomunismo, assai meno irragionevole di quanto l'on. Napolitano e i suoi amici amerebbero far credere: vi sono più cose nel cielo e sulla terra, Orazio, di quante ne immagini la vostra filosofia. • N. d. R. Una politic· per la « citta >/ Il problema di Roma si lega a tutti gli altri problemi della vita meridionale attraverso precise formulazioni politiche e sociali dei suoi termini principali. F,sso si è recentemente aggravato e minaccia ancora di aggravarsi, ad un ritmo sempre più allarmante. La città, che ormai da ogni parte ha superato il vecchio perimetro delle mura aureliane, tende a straripare oltre l'ampio anello ferroviario; il cemento contende al verde il terreno metro per metro e la speculazione edilizia ha raggiunto le. forme esasperate che sono state invano denunciate da Leone Cattani; il feno1neno immigratorio si svolge secondo una cur.va rapidamente ascendente e non valgono certo a regolarlo le leggi sull'urbane- . simo. Agli inizi del secolo la popolazione di Roma non raggiungeva il mezzo milione (424.943 abitanti); le città più popolose erano Napoli e Milano. Nè la situazione mutava dopo i primi quattro lustri, perchè il censimento del 1921 vedeva Roma ancora al terzo posto fra le città italiane, sempre dopo Napoli e Milano, benchè i suoi abitanti ammo11tassero ormai alla cifra di 673.844 unità. Dieci anni dopo, in pieno fascismo, la situazione appariva radicalmente mutata : Napoli dal primo posto era scesa al terzo; e Roma, con i suoi 937.177 abitanti, incalzava ormai da vicino Milano. Dietro le cifre di questo censimento del 1931, già_ si profilavano le conseguenze del centralismo che richiamava_ nella capitale, con la promessa o il miraggio di nuovi impieghi ed occupazioni, un ce!to numero di perso.ne che prima si recavano a far carriera ·o fortuna in altre (35] Bibloteca Grno Bia•nco.

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