quali nessuno che sia in buona fede può dedurre l'intenzione di ·appoggiare una politica di « elusione della riforma agraria, di sabotaggio della politica dei patti agrari, e così via ». Finalmente, dubitiamo che presso il solito lettore in buo11a fede possa trovar credito, soprattutto dopo la lettura di questo numero, la candid1 insinuazione di una nostra acquiescenza « all'attuale politica di pieno e incondizionato appoggio dei monopoli>>. La verità è che ognuno vorrebbe avere gli avversari che gli farebbero più comodo: e i comunisti amano aver di fronte ottusi conservatori, zelanti servitori di agrari e di industriali n1onopolisti, e ques~o non è il nostro caso. Un po' delusi, i comunisti sembrano far lo stesso ragionamento di Ferravilla al suo avversario dopo il primo scontro di un duello: « Se voi vi muovete, come posso colpirvi? >>. Giova aggiungere che, con la stessa fermezza e ragionata obiettività con cui respingiamo le insinuazioni o le riserve dei con1unisti, respingiamo altresì quelle parole che vogliono suonare elogiative. In realtà l'analisi critica della situazione politica italiana, e meridionale in ispecie, che siamo venuti facendo nei primi numeri della rivista, può ben coincidere in talune parti e in qualche episodio particolare con i punti di vista che i comunisti hanno via via espresso con manifesti, lettere aperte, congressi popolari, assisi contadine; ciò non impedisce che i motivi ispiratori, il metodo e le conclusioni delle nostre diagnosi, come della polemica che ne deriva, siano sempre diversi, anzi irriducibilmente opposti a quelli dei comunisti. Non vale osservare che vi sarebbe contraddizione tra il riconoscimento del contributo rilevante dei comunisti al moto di liberazione delle plebi meridionali e l'affer1nazione che su questo n1oto - come su tutta la realtà meridionale - « incombe il grande e minaccioso equivoco del P.C.I., che preclude ogni prospettiva democratica allo sviluppo di questo movimento>>. Noi siamo persuasi che per i comunisti la concreta_ soluzione dei problemi meridionali è subordinata alle esigenze di una strategia che si propone di catturare le energie politiche del Mezzogiorno per poterle rivolgere contro le istituzioni dello Stato democratico. I comunisti cioè adoperanq le nuove energie meridionali per spezzare e distruggere il ritmo della vita democratica italiana, per immettere il nostro Paese nella spirale delle rivoluzioni e delle controrivoluzioni; poichè questo temono innanzi tutto, che lo Stato democratico si irrobustisca. A tal fine essi adoperano quelle energie meridionali, la cui espansjone, nella misura in cui venisse sottratta al loro accaparramento, rafforzerebbe e svilupperebbe le istituzioni democratiche. Non è soltanto l'esperienza· dei paesi dell'Europa orientale - la quale sarebbe tuttavia più che persuasiva - a suggerirci siffatte convinzioni. Quel che conta mettere in rilievo è che il nostro giudizio è confortato dall'esperienza eh~ noi stessi, soprattutto noi meridionali, abbiamo vissuto e stiamo vivendo delle intenzioni e dei fini della politica meridionalistica del P .C.I. Tutte le volte che le forze più avanzate della democrazia hanno proposto o imposto programmi di consolidamento e di sviluppo democratico, e soprattutto hanno Bibloteca Gino Bianco
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