primitive», cosa ci stanno a fare tutte le altre cose di cui favo1eggia in altra parte del suo libro il Cagnetta, ['oppressione colonialistica, lo Stato borghese conquistatore e brutale, la crisi economica del 1905? Ancora: sempre a proposito del banditismo l'autore ha scritto (e s'è ricordato più sopr~) che tra il 1880 e i~ 1900, in concindenza con la solita crisi economica, con la sconfitta in Etiopia e non so quali altre diavolerie, il solito Stato borghese conquistatore e brutale iniziò lo sfruttamento coloniale, e come conseguenza vi fu una vera e propria lotta dello Stato borghese ecc. contro il banditismo. Nellle pagine «etnologiche>> apprendiamo, poi, che il 13 novembre 1894 u1 na banda di « 100 a 500 grassatori orgolesi » penetrarono nel paese di Tortolì, a~sediarono ìa caserma dei carabinieri, massacrarono la guarnigione, svaligiarono ['intero paese, ferendo ed uccidendo: questo per l'etnologo sarebbe un tipico esempio di «razzia», istituto che risale ad « un particolare periodo dell'umanità», una di quelle « manifestazioni di mentalità e cultura proprie solo alle civilltàprimitive >>(28 ). E viene naturale ila medesima domanda: cosa ci stanno a fare lo Stato borghese conquistatore, la sconfitta d'Etiopia, lo sfruttamento coloniale e la crisi economica? Forse il fenomeno del banditismo orgo~ese poteva essere illuminato da un'indagine approfondita, che mettesse a frutto i risultati delle ricerche eunologiche: ma questa sembra un'ailtra delle buone occasioni di lavoro solido e proficuo che l'autore ha lasciato perdere. Un'altra cosa bisogna notare di questa parte « etnologica>> dell'Inchiesta del Cagnetta: che essa testimonia, cioè, quanto tenace sia un atteggiame11to assai diffuso ai nostri giorni innanzi al « mondo meridionale >>, alla civiltà contadina. E' fiorita tutta una letteratura che accarezza con gusto sottilmente compiaciuto la forza primigenia e barbarica del mondo contadino, la sua secolare saggezza riposta che verrebbe da non so quale continua comunicazione con [a natura e cioè con Dio, e sulla quale non sarebbero passate, corruttrici, le filosofie e le religioni moderne; non Lutero e Cartesio, non Tocqueville e Hegel e Marx e Croce; è fiorita, insomma, una letteratura che estrapo1a dalla storia il blocco contadino e lo contempla ne!lla sua presunta unitarietà e purezza. E' un nuovo mito che nasce e si accredita, ed è un mito, c'è appena bisogno di sottolinearlo, decadente: che questo vagheggiamento malinconico e compiaciuto possa essere pretesto letterario si comprenqe benissimo (ma sarà sempre - si I Bibloteca Gino Bianco
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