dati di fatto recenti, anzi recentissimi: in questa situazione, innanzi ad un'omertà che va dltre ogni limite, innanzi ad un'organizzazione della delinquenza assai raffinata, come chiunque può dedurre dalle pagine dello stesso Cagnetta, sembra abbastanza normale che i pubblici poteri abbiano fatto ricorso a mezzi straordinari. Con questo non si vuol dire che quei mezzi si approvino: ma uno Stato moderno deve pur tutelare in qualche 1nodo I 'incolumità dei suoi cittadini. · L'autore va poi oltre il seg:no là dove rispoivera il vecchio mito da comizio politico - ed anche da cattivo comizio - di uno Stato che si preoccupa solo di « assediare )) i banditi di Orgosolo: « trascurando il problema dell'origine della crimina!lità, del suo nascere dal1la struttura economica e sociale, lo Stato italiano si propone soltanto il problema più immediato - ed in certo senso il più comodo - : catturare i llatitanti >>(18 ). E' un fatto che lo Stato ha da fare appunto ciò, eliminare i1lbanditismo, catturando i latitanti. Ma questa antica stupidità, che si ripete ad ogni volger di luna per qualsiasi atto di brigantaggio sotto qualsiasi cielo avvenga, è ripresa dal Cagnetta solo per accreditare l'opinione che il banditismo orgolese sia stato una forma di rivo!J.tasociale, una sorta di protesta primitiva ne1lo stile di genti ancora barbare, contro la borghesia italiana predatrice e colonialistica. Ora, chiunque legga l'articolo dello stesso Cagnetta su La « disamistade )) di Orgosolo (spogliandolo naturalmente dei fronzoli di cui l'autore si compiace per dare valore universale ad un'interessante pagina della storia del banditismo sardo) non può non convenire che la « borghesia )> non c'entra per niente. La vendetta di sangue tra i Cossu e i Corraine scoppia a causa di un'eredità, è un fatto privato che oppone due tribù di Orgosolo, entrambe proprietarie e ricche, sia pure di ricchezza disuguale; lo Stato c'entra solo nella misura in cui si sforza di far ter-- minare questa guerra a schioppettate, punteggiata di furti, di rapine, di stragi di uomini e di bestiame, di barbari massacri. Lo stesso Cagnetta trova, infatti, modo di osservare che Ila banda dei « fratelli [Succu], formata di proprietari, faceva soltanto l'interesse di una parte dei proprietari, dei signorotti, e i poveri, la plebe sarda, erano ad essa di fatto virtualmente estranei>> (19 ). Ciò non toglie, però, che poche pagine dopo l'autore trovi modo di concludere il suo scritto con questo periodo: « Onorato Succu ( 18 ) Inchiesta·, p. 162. ( 19) Disamistade, p. 374. Bibloteca Gino Bianco I
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==