storia nazionale di tipo diverso, la quale trovi il suo centro e il suo momento di maggiore importanza nella attività degli uomini costi tue t I ti il complesso della società civile ». Al programma tstori~grafico bandito dal Ragionieri abbiamo dato così ampio rilievo non già perchè sia questo il piano sul quale obiettivamente si giustifichi (a nos.tro parere) il suo lavoro, bensì per dar piena notizia di un orientamento di studi, che, a giudicare almeno dai commenti fioriti attorno a questo libro, riscuote nel momento attuale gran plauso (Cfr. G. COTTONE in Belfagor, IX n. 4, pag. 486; e S. BERTELLI in Società, X n. 1, pag. 128; nonchè G. SALVEMINI ne Il Monda, n. 264 del 9-3-54. Più riservato R. G1usTr in Rassegna storica del Risorgimento, XLI n. I, pag. 140 ). Orientamento, peraltro, di cui le conseguenze più rilevanti si avvertirebbero (noi pensiamo) in una sua estensione all'impostazione della storia meridionale. Qui, in~ fatti, la divergenza fra storia dello stato e storia della società verrebbe 8d essere complicata ed esasperata da quel contrasto tra le forme elementari della vita sociale e civile del Mezzogiorno e le strutture dello stato unitario, di cui per gran parte si sostanzia la « questione meridionale ». Sì che, se quella realtà locale potesse veramente assumere sul piano storiografico l'autonomia che il R.agionieri propone, la vera storia del Mezzogiorno apparirebbe ancor più estranea di quella della restante Italia alla storia dell 'I talia · « ufficiale >> uscita dal Risorgimento. Con il rischio finale, e magari impreveduto, di fornire a 1nolto Antirisorgimenta una inaspettata occasione di rifarsi una sua .storica legittimità. Quanto, tuttavia, di poco convincente sia insìto nella impostazione del problema proposta dal 1 Ragionieri è apparso chiaro a chi ha guardato ad essa con occhi immuni da euforiche distorsioni (Cfr. G. ARNALDI, La storia locale e un libro su Sesto Fiorentino, in Cri.tica· Libera.1e, II .n. 7, pag. 24). E non solo ne è affiorata come motivo ispiratore la d~ljberata istanza polemica promossa contro la storiografia idealistica, accusata di essere costituzionalmente incapace di attingere le correnti più profonde dello sviiu ppo sociale; ma soprattutto, in uno spontaneo ravvicinamento di questa storiografia del movimento socialista a.cl altra del mo- . . vimento cattolico, è sorto il timore che si sia di fronte a un tentativo non accettabile di elaborare una storia interna di questi due movimenti da presentar- poi come autentica storia italiana. Cosa non difficile ad ottenersi, una volta che si identifichi la « società civile >> con l'insieme dei soggetti di quei movimenti e si supponga l'esistenza di una tale società conclusa in sè, in contrapposto allo Stato. Infine, particolarmente ingenua è apparsa la for1nulazione di un programma di studi locali che preparino il materiale per il futuro << storico integrale >) delle classi subalterne auspicato da Gramsci; e tale anzi da richiamare « la risibile attesa degli eruditi della fine del secolo scorso eh~ incanutivano sulle loro carte sperando nel genio sintetico che si facesse avanti per mettere a frutto tanta fatica ». A noi questo rifiuto di vedere nello Stato liberale il centro e il momento di maggiore interesse della storia nazionale vuol apparire ancor più grave, quando dalla ricerca storica il pensiero si volga ad altri campi, e specialmente al nesso fra storia e politica, esplicitamente ri... chiamato dal Ragionieri stesso. Avvertiamo in ciò il segno di una mentalità che coscientemente mira a sovver.tire i motivi ideali sui quali soltanto può fondarsi per noi il consorzio civile. Quasi che la battaglia per lo Stato liberale non fosse [125] Bibloteca Gino Bianco
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