Nord e Sud - anno II - n. 3 - febbraio 1955

in quei giorni sugli schermi italiani di Pride and Prejudice di Jane Austen. Quando Ortolani -se ne andò, Dorso, che aveva notato l'interesse con cui seguivo la conversazione, mi disse con una certa amarezza che in definitiva io ero un « ideologo» e non un « politico », che preferivo le cose di cultura all'azione politica; e ne traeva scherzosamente cattivi auspici per l'avvenire della giovane classe politica meridionale. Poi, quando i laburisti vinsero le elezioni, mi disse trionfante che gli ideologi ed i letterati farebbero bene ad astenersi dal fare previsioni politiche. Con 1I'autt1nnoanche i vetri erano stati messi al~e finestre, e si lavorava con maggiore tranquillità. Si cominciava a diffondere l'illusione che il giornale mettesse radici. Nei momenti di euforia, Dorso mi annunciava perfino che tra poco avrei potuto contare su uno stipendio. E pel momento mi dedicò una copia di Rivoluzione Meridionale, ricordandomi come « meridionalista e collaboratore onorario». E perciò fu tanto più amaro per lui l'annuncio, datogli da Schiano, che per mancanza di fondi bisognava chiudere. Invocò l'intervento dell'esecutivo, ritenendo che la decisio,ne fosse affrettata ed ingiustificata, e dovuta, in definitiva, a motivi personalistici (la « sinistra >> napoletana era ormai in lotta aperta contro di lui: fu convocata l'assemblea e D'Elia fece un attacco a fondo contro il direttore de L'Azione, che aveva escluso dalla collaborazione i dirigenti napoletani del partito). Dorso si era rifiutato di venire a Piazza Dante, dove fummo in pochi a difenderlo. Le argomentazioni del D'Elia furono amene, e mostravano troppo il risentimento di chi aveva atteso settimane prima di veder pubblicato, « di spalla))' il suo unico articolo, sulla bomba atomica. La segreteria, già impegnata nella polemica pre-congressua'le, all'indomani della crisi Parri, ad esaminare la situazione inviò Francesco Caracciolo, il guale niente altro potett~ fare che constatare le « ragioni finanziarie » di Schiano, e tornarsene con un nulla di fatto. Con Guido Macera, mi recai a'llora a Roma, dove, ·a~la segreteria del partito, consegnammo ad Altiero Spinelli la lettera con la quale Dorso si dimetteva dal giornale e dal partito. In essa Dorso accusava il P. d'A. di « ammainare la bandiera del meridiona1lismo)) e di mettersi sullla strada dei partiti tradizionali-. Spinelli, pur considerando la cosa con molta gravità, ci disse che la segreteria non aveva la forza di intervenire e sanare la situaBibloteca Gino Bianco

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