Nord e Sud - anno II - n. 3 - febbraio 1955

gli scrisse una lettera aperta: « ... Quello che è avvenuto e soprattutto que~Iloche sta avvenendo, sembra un sogno, ed è una realtà. Chi avrebbe potuto immaginarlo nel 1922, quando Piero Gobetti i,niziò la pubblicazione di Rivoluzione Liberale?... Molti allora pensavano che l 'ltalia era un paese moderno, e che il fascismo sarebbe stato una parentesi, e nessuno di noi poteva sospettare che, invece, si impostava una grande battaglia, non ideologica ma politica, della quale i principali attori eravamo proprio noi... Allora noi sognavamo ad occhi aperti una grande classe politica intransigente e spietata, che avesse risoluto l'antico problema itaiiano, e adoravamo il solitario Giustino Fortunato, non solo perchè ci aveva aperto gli occhi a'lla verità, ma anche perchè ci aveva dato l'esempio di rifiutare un portafoglio. E non potevamo certo supporre che tra noi c'era già Vincenzo Calace, che un giorno l'avrebbe imitato, e che l'ironico destino pretendeva costruire la classe politica antirettorica ed antitrasformistica, necessaria all'Italia per non morire, con le nostre umili persone. Iddio grande e misericordioso, abbi pietà di noi. Eravamo e siamo pochi, e alcuni di noi furono anche derisi. E non ci siamo smarriti. Ma perchè sottoporci a prove cos1 ardue ed estenuanti? Perchè riservarc_i questo ultimo supremo cimento, che sembra addirittura insuperabile? Caro Parri, lo so, noi siamo all'estremo delle forze, ed il paese. ci è crollato su!l capo, e non ci resta che la speranza e l'orgoglio. In un mondo in rovina noi rappresentiamo soltanto un grande principio, che dobbiamo trasmettere ai più giovani, che ci guardano con occhi pieni di \ commozione ... » (1 ). E si commuoveva anche lui, Dorso, ne~ leggere l'articolo che aveva scritto, il suo « saluto a Parri ». Ma al tempo stesso avvertiva l'impossibillità di tradurre le speranze in rapide e concrete realizzazioni politiche. Sentiva sè, e gli altri, esponenti di una classe politica, e contemporaneamente dichiarava: noi rappresentiamo solo un grande principio. Ed il Paese era in ginocchio. Pensava - e ilo diceva più tardi in una polemica con Gava - che lo Stato storico era crollato ,nella coscienza politica degli italiani, ma che era ancora intatto nelle istituzioni, nelle leggi, nelle strutture burocratiche; ed avvertiva che mancavano appunto ie forze per abbattere queste ultime. Anche se scriveva che il Mezzogiorno era deciso . ( 1 ) « Saluto a Parri », ripubblicato nel volume L'Occasione storica, Torino, Einaudi, 1950. · Bibloteca Gino Bianco

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