finestre. Quando Dorso diceva a Schiano: « questo giornale ci sta e non ci sta», le sue parole venivano sommerse da vivaci proteste del suo interlocutore, il quale aveva la coscienza di aver fatto tutto il possibile per organizzare il giornale, e sapeva che al di là di quei modesti risultati non si sarebbe potuti andare. Fin dai primi momenti in Dorso coesistettero, dunque, un profondo ed ironico scetticismo e grandi speranze. Aveva capito che il giornale era avviato su basi molto incerte, ma si rifiutava di crederlo. Quando fui mandato - assieme a Guido Pierri - a rappresentare nella redazione la sezione napoletana dei giovani del P. d'A. trovai Dorso che appunto ironizzava sul giornale ines=stente. Mi accolse a braccia aperte, e mi disse che avrei dovuto farg'li da segretario. Prese poi a ben volermi, e da allora stetti sempre con lui. Pochi del partito conoscevano Dorso, pochissimi lo conosceva,no bene. C'era ansiosa aspettativa per vedere che linea egli avrebbe seguìto. Michele Cifarelli che, con le sue eterne preoccupazioni di segretario organizzativo del partito, apparteneva con Guido Macera ai « pochissimi», scriveva lettere a Dorso, esortandoio a mettersi a lavorare con la « destra>> napoletana che faceva capo ad Omodeo, e ad aiutare in questo modo la sezione napoletana del partito ad uscire dalle secche del sinistrismo verbale dei De Marlino e dei D'Elia. Guido Macera cercava di convincerlo della necessità di creare intorno a L'Azione una rete d'interessi di piccola e media industria, legando la polemica contro l'industria protetta al Nord alla difesa dir(>tta di gruppi sociali meridionali. Macera avvertiva con chiarezza il grave pericolo per il P. d'A. di trovarsi senza nessuna forza di sostegno sociale, e pensava che un giornale potesse essere il mezzo migliore per far cap:re alla media borghesia meridionale che il P. d 'A., dopo essere stato ili partito dell'antifascismo, doveva diventare ora il partito della ricostruzione nazionale. Si trattava di rassicurare le classi medie dalle minacce, vuote quanto tonanti, di coloro che, appena si sentiva parlare di rivoluzione, correvano in piazza ad esporre la loro candidatura di Robespierre in sessantaquattresimo. La « sinistra >> poi, dal canto suo, ignara, tra tante altre cose, anche del pensiero di Dorso, si ostinava a sperare che il firmatario della mozione Lussu a Cosenza, che era a,nche autore di un libro intitolato alla « Rivoluzione »_, non avrebbe potuto non attaccare i reazionari della « destra ». E' inutile dire da quale parte stesse Dorso. La differenza tra lui da . Bibloteca Gino Bianco
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