di Calabria, assai più legato a pregiudiziali classiste che non il primo, legato all'avventurosa vicenda personale di Angiolillo-Joanna. Ma non è così. Il Tempo rappresenta - l'abbiamo detto -- il classismo int grale della parte deteriore della borghesia romana, l'abdicazione totale della borghesia al suo ruolo di << classe delle classi >>, l'accettazione inconsapevole e irresponsabile del terreno di lotta preferito dai comunisti. De Il Giornale si può dire, invece, che, anche se non rappresenta il ringiovanimento della borghesia, esprime almeno una buona volontà di ringiovanire. Questa buona volontà, come dicevamo, sembra inceppata dall'incertezza che rivela Il Giornale a distinguere fra tradizioni liberali e retoriche tradizionali, dalla sua cautela ad ingaggiare direttamente polemiche che gli darebbero merito e risalto, dalla tendenza a disperdersi invece, talvolta, in polemiche che ne falsano il tono e la forma. Vorremmo da Il Giornale, a compimento di una scrupolosa autocritica, l'apertura di nuove prospettive nel panorama della stampa meridionale : mentre temiamo il suo pigro adattamento al successo editoriale conseguito in questo decennio. E poichè il quotidiano napoletano ha sempre risentito delle vicende interne del P .L.I., non vorremmo che, dopo avere in più di una occasione dignitosamente evitato di interpretare scopertamente interessi di classe, come quelli patrocinati aggressivamente da Il Tempo, abbia a cadere in atteggiamenti di classismo paludato, sulla scìa di quella equivoca formula dei «produttori», inalberata dalla nuova segreteria del P .L.I., con la peregrina distinzione fra democrazia liberale e democrazia sociale. Vada Il Giornale per la sua strada; nulla di male se l'on. Malagodi vorrà seguirla anche lui; molto di male se Il Giornale dovesse imporsi certe reticenze, o addirittura certi «allineamenti», per suggestione delle equivoche intenzioni dell'on. Malagodi. F. C. Bibloteca Gino Bianco
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