Nord e Sud - anno I - n. 1 - dicembre 1954

passivo·, neppure l'elezione dell'Onorevole Malagodi alla segreteria del. P.L.I. ha potuto rappresentare per Il Tempo un adeguato premio di consolazione. A Il Tempo non resta, dunque, che puntare su Fanfani; è ciò che, infatti, esso sta cercando di fare, non senza aver manifestato la sua delusione ai monarchici, rissosi fra loro, e. non senza aver recentemente espresso il proprio compiacimenro ai missini, a Togni, agli stessi monarchici, rissosi con tutti. Ma le fortune de Il Ten1po declinano. E' difficile avere dati precisi su questa materia. Sembra comunque che nel 1953 le medie di vendita segnassero 38.000 a Roma e 31.000 in provincia, ed oltre 8000 abbonamenti. Una più 1ecente inchiesta de Il Borghese sui giornali di Roma (luglio 1954) fa registrare una diminuzione rispetto alle citate medie del 1953: tiratura 85.000, vendita a Roma dalle 29.000 alle 31.000 copie sulle 40.000 distribuite. Angiolillo, del quale insistentemente si dice che voglia vendere il giornale, ha reagito, con una lettera a Longanesi, contro le indiscrezioni de Il Borghese, e ha rilanciato a 150.000 la cifra della tiratura. Si tratta dunque di casi controversi, intorno ai quali sarebbe interessante avere notizie più sicure e precise. Resta comunque confermata l'impressione che Il Tempo si trova oggi sulla parabola discendente, anche dal punto di vista del numero dei lettori. L 'on. Fanfani dovrà ben badare a non lasciarsi incantare da certe sirene che furono fatali a Gedda, a Pella, a Gonella, a Togni, ad Andreotti, a tutti quegli esponenti democristiani in cui Il Tempo ha creduto di volta in volta di . riconoscere l'atteso demiurgo dell'unità clerico-nazional-fascista. Vada, dunque, l'on. Fanfani per la sua strada; nulla di male se Il Tempo vorrà seguirlo; molto di male se dovesse essere l'on. Fanfani ad incamminarsi su una strada suggerita da Il Tempo (magari attraverso l'on. Bonomi, che, in questi ultimi tempi, sembra più legato_di prima ad Angiolillo). Mentre Il Tempo ha giocato le sue carte sull'unità clerico-nazional-fascista inseguendo il miraggio di un fascismo inteso alla napoletana, collegato per mezzo di Bottai ai fasti dell'impero, per mezzo di Gedda all'altare e per mezzo di Lauro al trono, Il Giornale di Napoli ha avuto una storia ben diversa, umile ma dignitosa, pur tra aspirazioni molto incerte, ora tese verso una vaga concezione dei problemi di rinnovamento civile, ora prigioniere di inerti pregiudizi retorici. Il Giornale sorse come quotidiano del pomeriggio in concorrenza con La Voce comunista, per iniziativa dell'on. Quintieri, consigliere delegato della Banca di Calabria, che ancora ne assicura il finanziamento. Tale concorrenza contribuì alla s_ua affermazione sul mercato napoletano, sotto la guida di Manlio Lupinacci,_ giornalista di «attica>> ispirazione, conservatore abbastanza illuminato. Con la campagna elettorale del 1946 Il Giornale prese a pubblicarsi anche come quotidiano del mattino: mentre l'edizione del pomeriggio cominciò a declinare nel tono e nell'interesse, quella antimeridiana urtò contro la presenza del Risorgimento che aveva ereditato la tradizione. de Il Mattino, al quale poi, dopo qualche anno, doveva infatti [ss] Bibloteca Gino Bianco

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