Nord e Sud - anno I - n. 1 - dicembre 1954

• letani, il Mosca e l'Artieri: l'uno, mediocre epigono del deteriore scarfoglismo, l'altro, biografo dilettante di sovrani e generali. Se, per un verso, Il Tempo si è rapidamente napoletanizzato, per un altro verso esso si è progressivamente fascistizzato. Ha subito riconosciuto in certi ambienti romani, legati ai trascorsi del regime fascista da insopprimibili omertà, il suo pubblico preferito. Solo fino ad un certo punto, però, esso si è reso conto del fatto che, se questi ambienti sono folti di lettori, lo sono assai meno di elettorì. E' questo il limite sia della diffusione che dell'influenza politica de Il ] 1empo. Se però questa influenza risulta alquanto limitata in senso quantitativo, dall'atteggiamento politico che stiamo cercando di definire, lo è assai meno in senso qualitativo: perchè i detti ambienti sono venuti man mano riacquistando una capacità di pressione, al tempo stesso che il giornale di Angjolillo è intervenuto a risvegliarne le velleità nazionalistiche, ad alimentarne i rancori, ad eccitarne l'invidiosa polemica contro gli uomini, i partiti, i governi della democrazia. Per i sentien aperti dal qualunquismo fu più facile a Il Teni_po sboccare sulla strada che parte dalla svalutazione dell'antifascismo, e conduce alla riva- ]utazione del fascismo; e, mentre veniva riannodando le fila disperse della vecchia guardia fascista, fiancheggiando il suo reinserimento e plaudendo alla sua ritrovata sicumera, Il Tempo si è orie11tato verso una sorta di « azionismo di destra>>, intendendosi qui per « azionismo >>proprio quella mania di persecuzione che Il Tempo stesso vorrebbe imputare a tutto l'antifascismo, laddove essa fu soltanto la tara politica di una minoranza. Dietro a Il Tempo, come simpatizzanti, ispiratori, collaboratori, si sono raggruppati alcuni influenti gerarchi (Bottai, De Stefani, De Cieco, Casini) che si proponevano di colmare la frattura del 25 luglio 1943, di smussare le punte dj Salò, di ricostituire, insomma, l'unità fascista, come premessa alla unità clerico-nazional-fascista. Fu il momento - a lungo atteso e tenacemente sperate - in cui la linea politica de Il Tempo fu chiara, decisa, senza equivoci; 1 'epoca delle cosiddette <<. forze nazionali >>, dell'esaltazione di Gedda, della patetica esortazione al M.S.I. affinchè prestasse ascolto agli inviti alla moderazione, delle rabbiose contestazioni a democristiani e lib~rali ancora ostinati nella << mentalità ciellenista >>: l'ora, insomma, in cui sembrò che Il Ternpo stesse per coronare col successo politico la sua battaglia giornalistica. Ma fu anche la vigilia di una parabola discendente, insospettabilmente precipitosa. A giudicare oggi, tutte le speranze de Il Tempo appaiono infrante: Angiolillo, -che era stato eletto senatore nel '48 con simboli liberali e voti democristiani, non è risultato eletto nel '53; Gedda è stato messo in disparte; i monarchici sono entrati in una crisi che sembra definitiva; non si intravvedono grandi prospettive per il M.S.I.; si è ritornati al quadripartito, .dopo l'infelice esperienza Pella; gli Andreotti e i Togni sono usciti clamorosamente sconfitti dal Congresso democristiano di Napoli. Di fronte a questo grande Bibloteca Gino Bianco

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