curioso. Non c'è tempo da perdere: non sono solta•nto i letterati, poeti e narratori, ad affrettarsi in questa scoperta o riscoperta del Mezzogiorno, ci sono anche gli storici e, in maggior folla, i folcloristi. ·~· Dirò subito che ai fini del nostro discorso ia letteratura meridionale e contadina ha un'importanza relativa. La polemica esplosa sull'opera di Rocco ScoteJllaro, dopo l'attribuzione alle sue poesie ddl Premio Viareggio, non può non avere un interesse rivelatore: il. rimprovero che si muove a Scottllaro di non aver rotto con ile forme « passate » di tradizione poetica, di non aver trovato - come si dice, con critico sussiego - un linguaggio assolutamente nuovo per un contenuto nuovo (16 ), non tien conto (semplicismo· psicologico a parte) dell fatto che, impegnandosi in quegli esercizi poetici, scrivendo :liriche, Scotellaro voleva essere poeta prima che socialista, letterato p~ima che militante della cll.asseoperaia - sentiva questa sua passione umana per i contadini della sua terra e per se stesso contadino, questo calore di simpatia corale per la miseria e la tristezza, la costretta rassegnazione e la ribdlllione spesso oscura e incontrdllata; e, poeta, doveva sentire che non tutto era detto attraverso l'azione · politica e cercava nel verso, nell'immagine letteraria la collocazione ideale del suo patire e gioire per quel mondo, e combattere. Ora lo si rimprovera di non essere stato fino in fondo un intellettuale «organico», la voce vale a dire non della sua fantasia e della sua passione ma quella articolata e « !logicamente >> chiara della protesta di classe del contadino meridionale (17 ~; gli si rimprovera insomma di non essere stato, proprio ( 16 ) Cfr. C. SALINARiIn Il Con,temporaneo, a. I, n. 22, p. 2. Sull'Avanti/ del 29 agosto 1954 si veda poi il singolare articolo di P. NENNI, dove si parla dei Contadini del Sud dello ScoTELLARocome di « un libro di fondo sui contadini, condotto COT"\ rigoroso metodo scientifico m~ non ridotto ad un affastellamento di <lati e di statistiche ». Debbo però confessare che, per quanto questo libro « sulla civiltà contadina » mi persuada umanamente assai più dei funambolismi esistenzialistici di un De Martino, resto perplesso sul car~ttere « scientifico» del metodo di compilazione e quindi anche sui suoi risultati. Ma si vedano, in questo senso, le rigorose osservazioni di C. ALVARO sul Corriere della Sera dell'11 settembre 1954. ( 17) Per un tipico esempio di critica marxista, si veda in Società, VIII, 1952, p. 188, il giudizio sul romanzo di F. Seminara, Il vento nell'oliveto (1951), che narra del « filisteo campagnuolo che combatte gli scioperi e odia la marmaglia bracciantile» senza odio nè deprecazione, e che perciò, anche se non manca di pregi stilistici, non può non essere « un'esaltazione del conformismo morale e sociale ». Bibloteca Gino Bianco
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