giorno, ha chiuso il cerchio. Da una parte, calmierando il costo dei beni di investimento attraverso la libera importazione, ha ampliato il volume stesso degli investimenti possibili. Dall'altra parte, aprendo i mercati alla nostra esportazione, in contropartita della !liberalizzazione delle nostre importazioni, ha, non solo frenato il processo autarchico di molti paesi esteri; da,nnoso soprattutto all'economia meridionale, ma ha posto una ipoteca sull'economia di consumo dei mercati del Centro e del Nord Europa, in favore delJa probabile espansione de:la produzione meridionale (4 ). Iil complesso dell'azione predisposta in questo secondo dopoguerra a favore del Mezzogiorno, e quellla che dovrà svilupparsi domani, tende, naturalmente, non solo a diminuire lo squilibrio fra Italia del Nord e Italia del Sud, ma ad i,ntegrare l'economia deil Mezzogiorno nel1 l'economia dell'Europa occidentale, chiudendo un processo che ha già avuto largo svolgimento sul terreno culturale e spirituale. Ma, a questo proposito, non posso ignorare la grave posizione di critica che un intellettuale ex azionista, e di recenti convinzioni socialiste, ha assunto rispetto a questo processo e rispetto al giudizio della Commissione economica per ['Europa. Intendo alludere allo scritto pubbilicato recentemente da Vittorio Foa sul settimanale Il Contemporaneo (8 maggio 1954). Secondo il Foa, ila Commissione economica per l'Europa, nel suo rapporto, si sarebbe espressa in termini critici rispetto a questo processo i,ntegrativo, ed egli cita una quantità di rilievi tecnici che dovrebbero suffragare l'affermazione. Ma noi abbiamo visto che la Commissione economica per l'Europa, non solo ha compreso esattamente il problema del Mezzogiorno d'Itailia, ma lo ha addirittura differenziato dal caso generale dei paesi mediterranei, come ha differenziato questi ultimi, che l1anno goduto nel passato di condizioni di alta civiltà, dai paesi d'Europa (4) . Questo significato di una politica degli scambi rispetto al problema del Mezzogiorno è riconosciuto dalla Commissione economica per l'Europa, quando essa afferma ( op. cit. pag. 140) che la « capacità di importazione è il limite al quale la politica economica italiana esplicitamente adatta la velocità di sviluppo del Sud ». Bibloteca Gino Bianco
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