Nord e Sud - anno I - n. 1 - dicembre 1954

Del resto, tale aspetto congloba esigenze che la letteratura meri~ dionalistica aveva affacciato. Il prob1 lema della proprietà terriera e del latifondo, il problema della carenza assoluta di capitali di investimenti nel Mezzogiorno, il problema della pressione che il protezionismo ha esercitato sull'economia meridionale, sono stati momenti importanti della critica meridionalistica, motivi frequenti ed intensi di indagine e di esame. E' mancata all'antica critica meridionalistica la valutazione della connessione fra questi problemi, ed è mancata soprattutto l'idea centrale che deriva da un'esperienza prettamente new dealista: quella cioè che una grande concentrazione di capitali di investimento, attraverso fintervento. dello Stato, può modificare le condizioni strutturali di u.na economia · depressa. L'esperimento della valle del Tennessee, legato a tutte le teorie del new deal, non poteva essere conosciuto e valutato nè dal liberista De Viti De Marco, nè da Giustino Fortunato. Mancava soprattutto, ai meridionalisti insigni del passato, la cognizione del come lo Stato possa essere un formidabile redistributore di reddito e di risparmio e come la coincentrazione di capitali d'investimento in certe zone, ed in spazi di tempo relativamente ristretti, possa modificare condizioni ambientali, alltrimenti caratterizzate da processi lentissimi di trasformazione. Questa connessione è oggi coraggiosame1 nte attuata, superando - e questo sa di miracolo - le violente opposizioni ed i violenti contrasti di interesse che almeno due àegli aspetti della politica meridionallistica (riforma agraria e liberalizzazione degli scambi) avrebbero determinato. E che la connessione fosse elemento fondamentale di ogni azione nel Mezzogiorno, si può dedurre dal semplice fatto che senza un massiccio investimento di capitali, non so'1osulla terra espropr~ata, ma anche nel1'ambiente economico generale nel quale opera~ l'esproprio, la riforma agraria non avrebbe avuto senso alcuno. Ma anche la Cassa per il Mezzogiorno, comegra11dioso rgano di sviluppo degli investimenti, sia nel campo agricolo e dei lavori pub}jlici, che nel campo industriale, avrebbe perduto gran parte del suo valore. La liberalizzazione degli scambi, sopravvenuta nel 1951, a qualche anno dal,la riforma agraria e dallla Cassa per il Mezzol'azione intrapresa è stata fiacca e sporadica. La nuova politica, iniziata con la creazione della Cassa per il Mezzogiorno, è assai più vigorosa e comprensiva ed indica una chiara e cosciente rottura con la tradizione dei passati decenni >>. Bibloteca Gino Bianco

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