,, Vibio Bongini ~ delitto Matteotti», ma nessuno sa quasi nulla di lui; la cronaca prima e la storia poi si sono impossessati dell'assassinio 'a tutto discapito della figura e della personalità dell'assassinato. Forse è successo anche perché i giovani cli trent'anni fa, che poco o nulla sapevano del Parlamento o della democrazia, sapevano però che era stato ammazzato Matteotti, e quando ripresero coscienza della libertà Matteotti purtroppo non c'era più. E allora si ricordò il fatto non l'uomo, il martirio non il martire. Paradossalmente, nel-la testa degli italiani si formò un groviglio di nomi e di date (Lungotevere Arnaldo da Brescia, Matteotti, Dumini, Cesare Rossi, 3 gennaio 1925) in cui pur discern~ndo chi era la vittima e chi i carnefici, la personalità del protagonista restò soffocata dai fatti e dai contorni. Orbene, i fascisti avevano sottomano dozzine di parlamentari avversi. Anche quelli che - come Amendola e Gramsci - pagarono poi duramente la loro opposizione. Ma non c'è dubbio che se si accanirono a quel modo, e prima che con qttalsiasi altro, con l'onorevole Giacomo Matteotti vuol dire che allora era l'oppositore più scomodo di tutti, e vuol dire che egli era uno dei più grossi ostacoli all'affermazione della tirannia. Vuol anche dire che la sua incidenza politica era particolarmente temuta. Non c'è dubbio, voglio dire, che la vita di Matteotti era una vita « segnata», con un destino « tracciato». E non c'è dubbio che si sente fin dalle prime battute che un tipo co·me lui se fa tanto di capitare in tempi duri non si gingilla con i compromessi e ci rimette la pelle. Così come è fuori discussione che «quella» morte è l'epilogo logico - incocciando, purtroppo, nella tirannide fascista - di «quella» vita. Ma è ugualmente indubitabile che l'insegnamento della vita è valido ed importante quanto quello che ci ha ctato con la morte. E che sarebbe ingiusto dimenticarsene. In questa prospettiva Casanova ha raccontato di Matteotti politico: « una vita per il socialismo ». Una vita vissuta. Non soltanto un vita stroncata. Così la biografia diventa più viva e più interessante quando tenta - non senza successo - di ricostruire il socialismo di Matteotti. Il periodo in cui si mosse - dalle prime esperienze di amministratore provinciale. alla carica di Segretario del Partito - fu certamente uno di ·quelli maggiormente travagliati del socialismo italiano. E in un partito ricco di parlatori, forse anche un tantino retorici, ma scarso di tecnici, egli si riserva la p•arte di chi studia e parla di cose concrete, pronunciando in quattro anni e mezzo di presenza a Montecitorio la bellezza di ben 106 discorsi sui più disparati argomenti. Così come non indulge mai alla polemica per la polemica dimostrando e dichiarando senza mezzi termini la sua scarsa propensione ai dibattiti teorici. Casanova narra che egli soleva dire sbrigativamente di non aver tempo per la filosofia perché doveva leggere ed esaminare i bilanci. Tuttavia laddove la linea Matteotti assume un grosso valore storico è nel « no al comunismo», profonda convinzione e coerente atteggiamento politico in epoca in cui il fascismo era già passato dalla fase della demagogia a quella della dittatura e si avviava a quella della tirannide. Matteotti che aggrediva 116 BibliotecaGino Bianco
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