Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

IL GIORNALE D'ITALIA - Giovedì 20-Venerdì 21 Gennaio 1972 • • serv1z1 sp 11 ------1 GIORRNOI VEDNETDLI ELITMTAOTTEOTTI-o-------, Il capo del fascis1no fii colto di sorpresa dall'assassinio del deputato socialista proprio all'indon1ani di un suo tenrativo di instaurare con le opposizioni un rapporto di collahora::ione - rrQuel morra - disse - servì unican1ente contro di me e la inia opera)) - L 'u/tùno discorso di ,Watteotti alla Ca,nera - Violente pole111iche contro il segretario del Psu - Lo sfogo del duce con il messaggero di D'Annunzio - Panico tra i fascisti, -manifestazioni osrili e Juribonda canpagna di sra111pa --------di Duilio Susmel--------- Molti retroscena e molte circostanze del delitto· che cambiò il corso della storia in Italia rimangono tuttora oscuri, dopo quasi mezzo secolo e malgrado due processi e una intensa pubblicistica. Un interrogativo tra i più dibattuti resta la parte che, direttamente o indirettamente, ebbe Mussolini nell'aggressione al parlamentare socialista. Comunque si siano svolti esattamente i fatti, è tanto vero che nei momenti d'ira e di fronte ad avversari irriducibili Mussolini non si asteneva da infuriate minacce, quanto è vero che personalmente non aveva né il gusto, né la disposizione alla violenza fisica, che non esercitò mai, se non nella forma cavalleresca dei suoi molti duelli. Talvolta indulse alle violenze dei seguaci, ma allorché esse apparvero eccedenti la stretta necessità, non esitò a con• trastarle, come quando sostenne nel l 921 la impopolare causa della pacificazione. Certo, spesso non si rese conto della formidabile suggestione alla violenza che derivava dalla sua parola o dai suoi scritti. Nemmeno è da escludere che la squadra del Viminale, poi detta Ceka. abbia talvolta agito per disposizioni date da dirigenti che intendevano interpretare con zelo le minacce dd Duce, espresse contro avversari in momenti .di esasperazione. Non si potrebbe spiegare altrimenti la continuata impunità degli autori delle illegali rappresaglie alla costante aggressione diffamatoria degli oppositori. Ma riteniamo per certo che mai Mussolini ordinò personalmente la cattura e tantomeno l'uccisione di Matteotti. Tale è pure l'avviso prevalente fra i suoi più equilibrati storici e biografi, anche di parte antifascista. Giuseppe Antonio Borgese scrisse che obiettivamente non si può accusare Mussolini come mandante, dopo aver riferito che nel loro incontro avvenuto a Milano il 7 aprile del 1924, il Capo del Governo gli aveva detto: «I miei oppositori non si rendono conto del fatto che un momento rivoluzionario come questo porta con sé un'ondata di criminalità. Invece di rendere il lavoro, cui dedico tutta la mia vita, più difficile, dovrebbero aiutarmi a dominare queste forze tenebrose». L'innocenza di Mussolini nel delitto Matte·otti è dichiarata evidente da Antonio Ani ante. Perfino l'organo comunista di Mosca, la Pravda, pubblicò il 21 giugno: ,Mussolini fu amaramente ,::,rpreso dell'assassinio di Matteotti. Si può credere che questo disgustoso affare fu organizzato a sua insaputa». L'ultimo discorso :S1gndicat1va è la conversione di Carlo Silvestri a favore dell'estraneità di M ussolini al misfatto, quel Silvestri che nel 1924 fu il più accanito degli accusatori del Duce e il principale animatore della lunga campagna di stampa aventiniana. Alla base di tale conversione stanno non solo quanto ebbe a dirgli Mussolini sull'argomento delitto M_atteotti durante la Repubblica Sociale Italiana e le carte in proposito che gli lasciò esa, minare (materia, tutta questa, finora nota soltanto ìn parte), ma anche l'importante documento, proveniente appunto dai cospicui archivi di Silvestri, che pubblicheremo più avanti nel suo testo originale. In risposta al discorso ò:lla Corona_ del 24 maggio l 924, con Ii quale si aprì la ventisettesima legislatura, il giorno 30 Matteotti pronunciò a Montecitorio una corag_giosa e violenta requisitona. Accusò il fascismo e il Governo per reali o presunte coercizioni esercitate nella circostanza delle elezioni del 6 aprile (naturalmente ignorò che non minori coercizioni erano state compiute dai suoi compagni socialisti prima e durante le elezioni del 16 novembre I919), si oppose alla convalida di un blocco di deputati e sostenne addirittura l'illegittimità della Camera. L'impostazi'one intransigente del suo discorso e di quelli di altri oppositori suscitò una reazione da parte fascista. li gerarca Farinacci fu tra i più risoluti: ma anche Rossi espresse prop;siti minacciosi n~i riguardi dell'irriducibile avversario socialista, che il Duce chia:nava ,nemico indisponente e ostinato». In polemica con Cesare Sobrero della Stampa, il l. giugno egli scrisse sul Popolo d'/1alia di aver trovato «fin troppo longanime la condotta della maggioranza, perché l'onorevole Matteotti ha tenuto un discorso mostruosamente provocatorio, che avrebbe meritato qualche cosa _dir,iù tangibile che l'epiteto di 'masnada", lanciato dall'onorevole Giunta». L'esasperazione fascista per gli eccessi critici della stampa e dei deputati avversari era stata spinta all'estremo limite, e ciò spiega se non giustifica il telegramma inviato proprio quel giorno da Mussolini al prefetto di Torino, così redatto: «Mi si riferisce che noto Gobetti sia stato recentemente Parigi e che oggi sia Sicilia. Pre-' go informarmi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore Governo e fascismo". Il 3 giugno Carlo Delcroix parlò in tono apologetico nei riguardi del regime, mentre il risentimento , dei fascisti romani li spingeva ad aggredire presso Monte- .citorio un gruppo di deputati antifascisti, fra i quali erano G1ovanrn Antonio Colonna di Cesarò, Giovanni Amendola; Roberto Bencivenga, Tito Zaniboni, Enrico Molè, Arturo Labriola. L'indomani. al Parlamento, Matteotti accennò a certi atteggiamenti assunti da Mussolini nel 1919, e questi replicò brevemente. A chiusura del dibattito sull'indirizzo di risposta al discorso della Corona, il 7 giugno il Capo de I Governo pronunciò alla Camera un discorso che suscitò forte impressione. Nel preambolo, rilevò vivacemente il fastidio del Paese per l'aspra discussione avvenuta, dalla quale sorgeva evidente il probléma psicologico della convivenza fra maggioranza e opposizione. Questa, in sostanza, aveva l'aria di sostenere che l'Italia era «un inferno dove il popolo schiavo geme sotto le pesanti catene del sottoscritto tiranno ... Polemizzato con i singoli oratori, respinse il principio che l'Italia dovesse sempre seguire metodi e correnti politiche straniere. Ad Amendola ricordò i brogli e le violenze elettorali dei suoi seguaci nelle elezioni del l 919. Dopo una deplorazione per le recenti vittime di viole-nze fasciste, quale l'onorevole Antonio Piccin1111,1 cui aggressori erano stati subito arrestati., così come g\1 autori di violenze compiute a Pisa, elencò le ben più numerose vittime fasciste: diciotto morti e centoquarantasette feriti, caduti mentre continuavano le provocazioni della stampa avversaria. Un giornale di Roma aveva stampalo I' 11 maggio che «l'epoca delle barricate si profila imminente all'orizzonte politico, e noi dobbiamo lavorare a renderla più prossima possibile». li 15 un foglio comunista aveva parlato di «aperta guerra civile». E gli estremisti stavano organizzando cellule d'officina. Se con la parola normalizzazione s1 intendeva un ritorno all'esautoramento del potere da parte della Camera, la respingeva. Ma amm_isc l'utilità di una opposizione: «Se non fosse a sinistra, sarebbe tra noi: quindi è preferibile che sia su quei banchi piuttosto che dividere le nostre rile (. ..) Non è l'opposizione che ci irrita. E' il modo della oppos1z1one». Le «aperture» del Duce Tratteggiò il programma interno ed estero del Governo, espresse il proposito di far funzionare il Parlamento e passò a proporre una collaborazione: «lo, che non mi sento infallibile affatto, che sono uomo co ne voi, con tutti ì dìr~tlì e le qualità che la natura L'mana comporta (... ), non cerco nessuno, ma non resprngo nessuno, perché l'opera di ricostruzione della Patria è ancora difficile, è ancora lunga, e tutte le competenze e tutti i valori e tutte le buone volontà devono essere utilizzate». Difronte a questi suoi propositi, \'opposizione non doveva pensare all'assurdo di un'insurrezione, ma uscire dal suo negativismo e proporsi alfine un intervento collaborativo. Egli intendeva porre agli oppositori un quesito di coscienza. ,Noi, che ci sentiamo di rappresentare il popolo italiano», concluse, «dichiariamo che abbiamo il diritto e il dovere di combattere ancora, di demolire i monumenti sterili delle vostre ideologie, abbiamo il diritto e il dovere di disperdere le ceneri dei vostri e anche dei nostri rancori per nutrire con la linfa potente, nel corso degli anni e dei secoli il corpo aunusto e in- ' " tangibile della Patria». Una circolare di Matteotti Dopo quel discorso distensivo, la Camera approvò ' un ordine del giorno di fiducia, proposto da Delcroix. Dichiarazioni di voto favorevoli avevano fatto il giolittiano Marcello Soleri e Rodolfo Savelli per i com battenti, mentre l'ex Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando aveva dichiarato: «Questo discorso mette le cose a posto». Il risultato aveva molto soddisfatto Mussolini, che, in sostanza, stava progettando un vero e proprio piano di collaborazione fra i tre partiti di massa (il fascista, il socialista e il popolare); e, per renderlo possibile, era disposto ad assumere eccezionali provvedimenti, come attestano vari testimoni. Al segretario del Partito fascista, Alessandro Giunta. disse di voler fare un grande ministero nazionale, con l'inclusione di Zaniboni, Amendola e Ludovico D'Aragona; al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giacomo Acerbo, fece anche i r.omi di Gino Baldesi, Luigi Luzzatti, Filippo l\1eda e Giuseppe Volpi. Non escludeva nemmeno un eventuale scioglimento della Milizia e del Gran Consiglio del fascismo. Dòpo le asprezze della lotta interna, durata ininterrotta dalla fine della guerra, l'atmosfera politica nazionale fu per qualche giorno eccezionalmente calma, nell'attesa di un fatto nuovo che si riteneva imminente. A Silvestri, Mussolini disse più tardi che il 7 giugno del 1924, «dopo il discorso alla Camera e le accoglienze che aveva avuto, mi presi, dopo molto tempo, un pomeriggio di libertà e mc ne andai a Nettuno, nella villa del barone Fas'sìni Camossi. Ero cosi contento che le cose si mettessero sui binari da me indicati e desiderati. Invece quel morto servì unicamente contro di me e la mia opera. Perché avrei dovuto ordinare di far fuori M atteotti? Dire che mi fosse simpatico non potrei. Aveva un'aggressività che urtava, ma era uomo che stimavo per il suo valore e per la sua conipetenza specifica». Poche volte nella sua vita M ussolini si era trovato come in quel momento nello stalO d'animo di chi attende un segno di adesione avversaria alla conciliazione e quindi lontano da ogni proposito di violenza. Invece, proprio allora, nella cattura di Matteotti culminò il deteriore sistema fascista di isolate intimidazioni a carico di questo o quell'avversario, applicato saltuariamente ad opera di elementi squadristi e per incarico di personalità responsabili del Partito, del ministero dell'Interno e della stessa Presidenza del Consiglio. Contro Matteotti, 1·avver- . . . . s1one era unarnme 1n campo fascista. Sotto il titolo Le mascalzonate del disonorevole Maueoui. già il 3 maggio del 1923 li Popolo d'Italia aveva pubblicato la seguente corrispondenza da Roma: ,Le autorita politiche di Bologna sono venute a conoscenza di questa singolare circolare mandata dall'onorevole Giuseppe / sic) Matteotti, segretario politico del Partito socialista unitario, a tutti i suoi compagni di fede, una circolare la quale dimostra che i socialisti di destra sono avversari che appartengono allo stesso calihro d1 tutti gli altri e che quindi meritano di essere trattati alla stessa stregua: "Cari compagni, in ciascuna delle provincie italiane avanti e dopo la guerra ha !"atto certamente il suo passaggio ed ha piantato almeno temporaneamente le sue tende qualcuno di quei mattoidi, o criminaloidi, o commedianti eh-e si proclamavano o comunisti, o sindacalisti, o comunque rivoluzionarissimi, e che oggi invece sono fra i capi o dirigenti del fascismo, nazionali o locali. E' neccessario raccogliere per ogni luogo esatte notizie, dati, fatti, articoli di giornali, discorsi di quel tempo. Se a voi mancano le notizie, rivolgetevi éid altri compagni della provincia. Fissate prima un elenco di quegli individui sul tipo di Michele Bianchi, Edmondo Rossoni, Luigi Granata, Gray, ecc., e poi cercate, o fate cercare, per ciascuno i documenti e le notizie, specialmente nelle vecchie collezioni di giornali locali. Vi garantiamo la massima discrezione e vi raccomandiamo la massima _precisione e sollecitudine. Seguiva questo commento: « La vigliaccheria di tale documento non ha bisogno di alcuna parola per essere dimostrata. Il disonorevole Matteotti, il milionario che ha tiranneggiato per tanto tempo nelle sue terre in nome del ... socialismo!, appartiene, come è noto, 1 quella categoria politica la quale ha cercato, orsono appena due mesi, di entrare nelle grazie del Governo fascista, facendo domandare al Duce del fascismo di ... essere presa in considerazione. E' anche noto che il Presidente del Consiglio, ben sapendo BibliotecaGino Bianco con che razza di carogna aveva a che rare, proclamò in Parlamento che non avrebbe accettato nel suo ovile le "pecore rognose". Ora qucsl'ultime, a così breve distanza di tempo, assumono esse stesse il non difficile compilo di dimostrare che il Capo del Governo aveva visto assai meglio di altri (per esempio, di chi scrive questa nota) ed aveva perfettamente ragione. Ma se le "pecore rognose", la cui ma1vag1a opera quot 1diana contro il fascismo abbiamo avuto più volle occasione di rilevare, vanno veramente in cerca di dispiaceri, non è escluso che possano averne di molto gravi. E nessuno si commuoverà, dopo i ripetuti, inascoltati ammonimenti, alle loro proteste ed ai loro ipocriti lai. Quanto al Matteotti, volgare mistificatore, notissimo vigliacco e spregevolissimo ruffiano, sarà bene che egli s1 guardi! Che se dovesse capitargli di trovarsi, un giorno o l'altro, con la testa rotta (ma proprio rotta), non sarà certo in diritto di dolersi, dopo tanta igQÒbilità scritta e sottoscritta. E vorremo vedere quale Corriere della Sera si erigerà a suo paladino in nome della ... libertàl». · Se per certi aspett I l'avversione nei confronti del deputato socialista poteva avere un'origine personalistica, come nel caso di Marinelli e di Aldo finzi (sottosegretario all'Interno e vicecommissario dell'Aeronautica), suoi compaesani, per altri era motivata da naturale antipatia non solo all'uomo politico pervicacemente ostile: ma ai suoi precedenti di neutralista, che si era comportato male durante la guerra, opponendosi, come consigliere provinciale di Rovigo, alla concessione di un sussidio ai profughi del Friuli e all'impianto di un ospedale della Croce Rossa in Arquà Polesine, e dichiarando che, per lui, gli italiani erano più assassini degli austriaci. Torna invece a suo onore pure il fatto che elementi di un losco affarismo politicante, facenti capo all'avvocato Filippelli, si sentissero minacciati dalla sua tendenza a sorvegliare i loro intrighi c a denunciare scandali. Tanto che una delle ipotesi sul delitto è quella di una drastica misura preventiva, suggerita da quei loschi affaristi nel timore di una pubblica denuncia delle loro malefatte da parte di Matteotti. Ma nulla fino ad oggi si può sicuramente affermare in proposito. ,,Alle origini dell'assassinio di Matteotti», spiegò Mussolini a Silvestri il 9 dicembre del 1943, "vi fu un putrido ambiente di finanza equivoca, di capitalismo corrotto e corruttore, privo di ogni scrupolo, di torbido affarismo. Si era sparsa la voce che nel suo prossimo discorso alla Camera Matteotti avrebbe prodotto tali documenti da portare alla _rovina certi uomini che erano pervenuti ad infiltrarsi profondamente tra le gerarchie fasciste. L'idea di catturare Matteotti per metterlo nell'alternativa o di restituire gli accennati documenti o di p_crderc la vita, sorse in questo ambiente, dove ogni volta che riprendeva a circolare la notizia di una possibile collaborazione fra me ed i socialisti, si manifestava immediata una reazione che chiamerei feroce. Il discorso del 7 giugno fece temere che io mi fossi definitivamente orientato nel senso di offrire ad alcuni socialisti la partecipazione al ministero. Da ciò forse il precipitare dei tempi, da ciò la cattura di Matteotti, già da parecchi giorni predisposta. (. .. )». La mattina dell'l I giugno, quando non era ancora trapelata la notizia del suo rapimento (la sua scomparsa La notizia del rapimento e dell'uccisione del segretario del partito socialista unitario suscitò una impressione profonda e determinò un clima che sembrò ·travolgere il regime. Mussolini alla Camera espresse sdegno e deprecazione per l'assassinio e si chiuse nel suo studio di Palazzo Chigi praticamente isolato mentre si svolgevano tumulti di piazza e le opposizioni scatenavano una violenta campagna contro il fascismo era stata però dcn,unciata 1n questura dal deputato socialista Giuseppe Emanuele Modigliani già la sera precedente), Mussolini ricevette Umberto Poggi, fiduciario di Gabriele d'Annunzio e segretario generale, insieme con il capitano Giuseppe Giulietti, della Federazione italiana dei lavoratori del mare, allora retta dal Poeta. Su quella singolare udienza, Poggi riferì dapprima verbalmente a Silvestri: poi, al tempo del rinnovato processo Matteotti, cioè il 21 marzo del 1947, per lettera, aggiungendovi alcuni rilievi e dell'altro ancora. Si tratta appunto del documento riprodotto integralmente qui di seguilo. (Ci sembra che l'eloquente scrilto di Poggi non abbia bisogno di spiegazioni dopo quanto abbiamo esposto. Ma per chi non lo sapesse o lo avesse dimenticato, va detto che lo scrittore e pensatore spagnolo Miguel de Unamuno fu esiliato, non confinato, come repubblicano: che il generale Miguel Primo de Rivera era Capo del Governo spagnolo; che il senatore liberale Luigi Albertini era direttore del Corriere della Sera: che Claudio Treves e Filippo Turati erano due notissimi deputati socialisti). D'Annunzio ribelle «Caro Silvestri, ho seguito con grande simpatia ed ammirazione il tuo intervento nel processo Matteotti. Ti confermo pienamente quanto ho avuto occasione di dirti a suo tempo a viva voce su. tale ..argomento: nella mattinata del\' 11 giugno l 924, fra le dieci e le undici, proveniente da Gardone Riviera, venivo ricevuto da Mussolini, a palazzo Chigi, e, seduto al suo tavolo di lavoro difronte a lui, mi accingevo a. fargli delle comunicazioni da parte di Gabriele d' A nnunz10. "La mia visita era stata originata dal fatto che La Tribuna e l'Avanti:. venuti per primi in possesso del testo originale di un telegramma di fiera protesta indirizzalo da Gabriele d'Annunzio a Primo de Rivera contro l'assegnazione al confino di Unamuno, vi avevano trovato buona materia per dimostrare che la protesta dannunziana contro il regime di de Rivera condannava implicitamente anche il 1·egirne fascista italiano. "Mussolini aveva fatto partire da Roma la sera innanzi un suo messaggero (il capitano Mario Barenghi) diretto a Gardonc, al Vittoriale, per ottenere da D' Annunzio uno scritto che smentisse l'interpretazione che la stampa d'oJJ1)osizione dava al suo telegramma diretto a de Rivera. D'Annunzio, al corrente della partenza da Roma del messaggero · mussoliniano e dell'incarico che egli aveva avuto, la stessa sera faceva partire me dal Vittoriale con l'incarico di spiegare verbalmente a Mussolini, la mattina dopo, che il telegramma era stato da lui indirizzato a Primo de Rivera, che doveva anzi lagnarsi che l'inoltro oltre frontiera era stato ritardato da Finzi, che era agli Interni (ribattezzato in quell'occasione da D'Annunzio "Radetzky in sessantaquatt resimo") e che infine non vedeva la necessità di intervenire per interpretarc un suo scritto redatto in chiara lingua italiana. «Mussolini capi che il suo messaggero 1nv1ato a Gardone per avere uno scritto di D'Annunzio da opporre alla stampa di opposizione sarebbe ritornato a mani vuote, perché si sarebbe sentito dire che era già stato provveduto in merito mediante altro messaggero inviato a Roma la sera precedente. E così infatti avveniva in quella stessa mattrnata al Vittoriale, a Gardone. "Quando arrivai alla fine delle comunicazioni dannunziane, Mussolini, già visibilmente contrariato durante l'ascolto, scattò e con tono molto risentito mi disse: "Io hoqui nel mio cassetto molte lettere di D' A nnu nzio e non ve n'è una che io possa pubblicare per opporla ai miei nemici, ai miei d_en1gratori; mentre gli ste_ss1, non appena vengono in possesso di tre righe di D'Annunzio, ne ricavano colonne di giornali per attaccarmi, per attaccare il mio Governo". «In brevi battute Mussolini arrivò a questa conclusione: "La vita degli Albertini (e mi additò l'angolo del palazzo opposto di piazza Colonna, dove appunto Albertini aveva i suoi uffici), dei Treves e dei Turati, se io fossi una società di assicurazione, non l'assicurerei per due soldi! Quella gente vuole i plotoni di esecuzione: li avranno, ed i loro cadaveri resteranno lì (e mi additò piazza Colonna) una settimana ad esempio' lo da questo tavolo (e si aggrappò a quello che era il suo tavolo di Governo) non me n·e vado; devono entrare da quella porta (e mi additò la porta d'angolo alla sua destra, adibita all'ingresso dei visitatori, mentre da quella di sinistra entravano i suoi segretari) con i fucili spianati e gettare il mio cadavere dalla finestra. Non per me, ma per il bene dell'Italia!". "Io ammiccai un sorriso e chiesi: "Perché dite tutto questo a me?"_ E Mussolini di rimando: "Lo dico a voi perché lo ripetiate a D'Annunzio1". Risposi: "Sta bene". E mi licenziai. Foll::i in turnulto ,,Nel pomeriggio del giorno 13 si spargeva la notizia dell'assassinio di Matteotti, avvenuto tre giorni prima. lo ero fra la folla tumultuante attorno a palazzo Chigi e osservavo che non era stata affatto rafforzata la forza di guardia all'ingresso, costituita dai soliti due o tre poliziotti in borghese. M ussol in i era al suo consueto tavolo, situato propno all'angolo del primo piano di palazzo Chigi, e io ebbi la visione che si potesse avverare a distanza di poche ore il quadro prospettato da Mussolini "devono entrnre da quella porta .. gettare il mio cadavere dalla finestra". ,,Ma la folla non aveva un capo che la guidasse a tanta impresa. Soltanto dopo oltre un,ora com incìarono ad affluire carabinieri e uomini di truppa a guardia di palazzo Chigi. ,,Quando si cominciò a vociferare che Mussolini aveva ordinato la soppressione di Matteotti, vagliando quanto Mussolini stesso mi aveva detto durante la conversazione sopra riferita, e cioè nelle ore in cui l'assassinio di Matteotti era già stato consumato,. mi sono fatta la convinzione che ciò non poteva corrispondere a verità, perché ho pensato che Mussolini non si sarebbe espresso in quei termini se avesse avuto sulle spalle il cadavere di Matteotti. Non avrehbe detto che la vita degli Albertini, dei Turati e dei Treves non la avrebbe assicurata per due soldi, e non avrebbe parlato di cadaveri da lasciarsi ad esempio per una settimana in piazza Colonna. Ho pensato ciò soprattutto conoscendo l'arte che Mussolini aveva d1 non offrire il fianco ai colpi dell'avversario. Egli sapeva benissimo che io ero un irriducibile avversario del regime fascista, personalmente e quale uno dei capi dell'organizzazione sindacale e cooperat1v1st1ca marinara, di cui in quell'epoca era capo unico ed effettivo Gabriele d'Annunzio: organizzazione che, anche per volere di D'Annunzio, si era sempre rifiutata di aderire ai si ndacati fascisti e per la 4uale ragione è poi stata messa sotto regime commissariale. "Da parte mia, trovandomi, specialmente in quei giorni, in aperta lotta con l'organizzaz(one armatoriale, ho avuto occasione di osservare che attorno a Mussolini, che per opportunità politica cercava di accontentare D'Annunzio nelle richieste da lui avanzate 1n fa-. vore della gente di mare, runzionava un servizio cli controllo che aveva. le sue radici ed il suo movente in quella organizzazione pseudogiornalistica all'insegna del Corriere degli Italiani (sic), e che particolarmente operante in tale funzione era uno della segreteria di Mussolini: quel famigerato Fasciola scopertosi poi con la fuga dopo il delitto Matteotti. «Avendo avuto modo in quel periodo, prima e dopo il delitto Matteotti, di osserl vare da vicino, pe1· lo svolgimento delle mie funzioni quale rappresentante delle organizzazioni marinare e fiducia rio di Gabriele d' Annunzio, l'atteggiamento di Mussolini, lo svolgersi dei fatti e la condotta di uomini che si agitavano ed agivano a palazzo Chigi e all'ombra del Corriere degli lrnliani, mi sono fatta la convinzione che il vero mandante interessato alla soppressione di Matteotti era il gruppo finanziario-industriale creatore e finanziatore dell'organizzazione che faceva capo al Corriere degli lraliani. «Su Mussolini pesa pur sempre la grave colpa di non aver messo al muro almeno gli esecutori di quel delitto. Dico "almeno gli esecutori", perché i mandanti erano intoccabili per la loro supremazia acquisitasi col 'finanziamento dello squadrismo operante nei punti nevralgici della nazione. Ma il grosso guaio è che tutt'oggi quei mandanti, che non sono nel frattempo morti di morte naturale, vegetano o prosperano all'omDomani MUSSOLINI ' EPRONTO ADARE LEDIMISSIONI bra'clella l<epubblica. "Ecco perché c'è chi cerca di snaturare, di cravisare le tue precisazioni rivolte a stabilire, se non altro per la storia, chi effettivamente ha ordinato l'assassinio di Matteotti. E' tanto comodo c conveniente ribadire che è stato Mussolini, tanto lui è morto e sì come da vivo può ancora servire di coperchio alle pentole di certi diavoli tuttora operanti nella vita e,onomica e politica della nazione. Tanto ti dovevo per la verità». li Duce aveva congedato Poggi da circa sette ore, allorché si diffuse la notizia della scomparsa di Matteotti. Causa il contrasto fra il mistero di questa e il recente rasserenamento politico, l'impressione che suscitò l'annuncio fu enorme. L'atmosfera si appesantì; colti da un senso di panico per il rapido rivolgimento dell'opinione pubblica, che si accentuò nei giorni seguenti, molti fascisti si tolsero il distintivo e si sbandarono; la stampa avversaria avviò subito una ~ampagna ostile, che continuò sempre più fu. ribonda per mesi e mesi; l'anticamera di Mussolini, fino a quel momento colma di visitatori, si fece quasi deserta. (3 - Continua) \

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==