Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

_IL_.G.I.-O_R;.;.N;...,;.,;A_L_E __D_'_I-_r,;.;.<\,;;L,_IA;.;._- ... l\_1.;r..t._ae_d_..ì 1s..-. .. lV.;.Ie_r_c_o;.;.le.;;.d_ì _I 9_G_e_n_na;.;.i;.;.o ... I... 9_.7. 2_________________________________________________ -', 3 "I • • IGIORRNOIVEDNETDLIELITMTAOTTEOTTI • ---di Duilio Susmel-----1 • Circa quarantasette anni fa accadde in Italia un fatto che doveva incidere profondamente nelle vicende politiche e costituzionali del Paese, cioè il rapimento e la morte del deputato socialista Giacomo Matteotti, il pi'Ù tenace e coraggioso oppositore del fascismo, a vvcn uli il IO giugno del 1924, ad opera di elementi squadristi irresponsabili. «Come segretario del Partito socialista unitario aveva condotto la lotta contro il fascismo con la più ferma intransigenza», scrisse di lui Piero Gobetti ìn un ritratto.,, Rimane il suo volume Un anno di dominazione fascista, un atto di accusa completo, fatto alla luce dei bilanci, e insieme una rivolta della coscienza morale. (... ) Egli rimane come l'uo no che sapeva dare l'ese npio. Era un ingegno politico quadrato, sicuro ( ... ). Ho una tenera di un lavoratore f!rrarese, scritta il 16 giugno (1924): "( ...) \1atteotti era un u J no da affront tre la norte volontariamente se qu ~sto gii fosse sembrato il mezzo ad.atto per ridire al proletariato la I ibertà perduta". (... )». , L'eff~ttiva ca ,sa, i retroscena e le precise circostanze del delitto s:ino ancora sconosciuti, nonostante le di.verse versioni degli autori e degli inquisitori attraverso ben due processi e una vasta letteratura. Ma a lumeggiare l'oscuro quadro concorrono notevolmente alcune pagine di eccezionale interesse, davvero rivelatrici e sensazionali. Esse fanno parte di un grosso libro finora assolutamente inedito, e suo autore è nientemeno che ìl personaggio chiave di tutta la vicenda, cioè "Amerigo Dumini, uno dei rapitori del deputato socialista. (Gli altri furono Augusto Malacrìa, Amleto Poveromo, Giuseppe Viola, Albino Voi- - pi). La stesura, largamente autografa, risale al principio del I 927. Dum in i, che era uscito dal carcere romano di Regina Coeli il 26 maggio dell'anno precedente, dopo il famoso processo di Chieti per l'affare Matteotti, cominciava con questa prefazwne: «Jo mi ribello» «Duce:( ... ) Questo libro vi disturberà assai e disturberà in particolar modo una parte di coloro che vi circondano. (...) Oh, Duce, come avrei anch'io desiderato mettere la parola fine alla mia odissea( ... ). Come avrei voluto abbandonare ali' oblio questo episodio che mi ha bollato per tutta la vita come un sicario, e voi sapete che io non lo sono!, e poter rientrare nella vita ignorato e, perché no? anche dimenticato. Mi si è impedito questo! Voi lo sapete cosa mi ha deciso a questo passo, poiché la mia voce deve esser-e giunta anche a voi e deve aver superato, ii_~ la violenza_ d_~g~~l!a di- ·sperazione, la triste barriera dei ministri e dei segretari che vi circondano e vi fanno sapere soltanto quello che ad essi e alla loro politica fa conodo. ,Io mi ribello, alfine! ( ... ) Ho conosc~uto le lusinghe e le minacce. Mi ribello! «Duce! Voi sapete perché scrivo questo libro. 'Forse certe altre ragioni vi sfuggiranno. Le comprenderete in seguito e giustificherete questa mia azione, che è stata giudicata da alcuni inutile e dannosa. To non la credo tale. In ogni modo ne rispondo difronte alla mia coscienza ed alla storia. (... ) Nel volume, mi riferisco alla parte documentaria e storica, non vi è una parola che non sia stata rigidamente 'pesata; e non un'espressione fod un fatto che non abbiano. subito un rigoroso controllo . In questo libro non vi sono che verità. Verità dolorose. « Dal giorno in cui sono uscito dal carcere di Roma, io ho vissuto continue le ore della diffidenza e del disprezzo. «lo mi difendo. Difendo il mio nome, che -è bello ed onesto quanto il vostro, difendo la mia personalità offesa e vituperata durante tutto un periodo di vergogna e di obbrobrio, periodo di viltà in cui il panico del primo tempo sembrava voler perpetuarsi in un sistema di errori e di porcherie. Dal tentativo di soppressione a quello di avvilimento e di annullamento coi sistemi interni del carcere. «Duce! lo mi difendo! E difendo il mio passato di cittadino e di soldato; difendo la mia mutilazione subìta sul Grappa; difendo le mie due ferite di guerra e la mia medaglia d'argento al valor militare. Duce! lo difendo il mio avvenire'( ... )». Seguiva un curriculum di Dumini, nel quale si leggeva anche: «(...) lò (... ), figlio di Adolfo e di Jc3sie Wilson, sono nato il 3 gennaio 1894 a Saint Louis (Missoùri) negli Stati Uniti dell'America del nord. Naturalizzato italiano, frequentai le scuole medie in Italia con molta fortuna, finché la chiamata in servizio militare non mi indirizzò, nel 1913, su tutta una diversa strada.(. ..) «Fui il fondatore del fascio fiorentino di combattimento, e, si può dirlo, anche del fascismo toscano. Cosa importa se la Polizia, nel giugno del I 924, mi ha predate le lettere e le fotografie con le dediche di Mussolini7 Esse sono scolpite nel mio cuore insieme al mio doloroso rammarico. (...) Ho preso parte pressappoco a tutte le maggiori spedizioni della Toscana, quasi sempre con funzi(ini di comando. (...) Ho dato tre volte il mio sangue per la causa fascista. Ho conosciuto il carcere assai prima dell'affare Matteotti. ( ... )». Il lavoro si chiudeva con le seguenti linee: «La tragedia giudiziaria della mia vita ( ... ), più che tragedia mia, è stata tragedia del!' Italia tutta, sommersa da una massa di fango, che non fu voluta né saputa arginare in tempo. Questo libro non fa che la cronaca dell'avvenimento, aumentata da particolari, fotografie, episodi inediti, clie non possono fare a meno di interessare il pubblico dei lettori. li delitto l\1atteotti sarà sempre di attualità, cd io, ripeto, non ne ho fatto che la cronaca. La ~toria si pronuncerà su di esso, non certamente ora. lo non posso né debbo precipitare quello che è il corso inevitabile di questa grande maestra della vita. Nel libro che io presento· al mondo non vi è che la cronaca, ma anche fra le righe della cronaca vi sono glielementi per giudicare e rintracciare la verità. Il lettore deve far questo. E lo farà ora, a mente più calma e serena, poiché, a più di due anni di distanza dal fatto, è presumibile che le passioni siano assopite e l'equili1'rio mentale ritornato nella sua normalità. Il lettore renderà un r,o' di giustizia anche a chi ha scritto questo volume, disordinato nella sua organicità, ma veritiero nella sua documentazione e sincero ne, sentimenti che l'hanno animato». Prima di riprodurre le pagine più clamorose e sorprendenti dello straordinario libro, ci sia consentito riportare due lettere dello stesso Dumini, pure del tutto inedite. Al segretario amministrativo del Partito fascista, Giovanni Marinelli, 1'8 febbraio del 1925 egli scrisse:«( ... ) La magistratura si è impadronita di questo affare come di un'arma per colpire il Governo ed il fascismo. Il procuratore generale Tancredi, nostro avver- · sario di idee e massone giustiniano, è stato il nostro più feroce nemico. Il presidente della Sezione di Accusa, commendator Del Giudice, non è stato che una comparsa nelle mani del Tancredi. L'intera istruttoria è stata diretta dal Tancredi. Filippelli (Filippo, avvocato, direttore del Corriere Italiano) è stato l'accusatore di tutti. (...) Il Filippelli ha avuto la ribalderia dì asserire avergli io detto che il Matteotti fu ucciso per ordine suo (Marinelli), di Rossi (Cesare, capo ·dell'Ufficio stampa della Presidenza del Consiglio) c col consenso di Mussolini. Lei sa che tutto questo è fai- . so. lo ho agito di mia iniziativa, con mezzi che ho procurato da me stesso e con uomini che avevo sottomano. lo ho cercato di aiutare ìl Filippelli, mentre non si meritava nulla. E avrei invece potuto dire che il direttore de I Corriere I ta/iano mi consigliò di tentare un ricatto di nove milioni a Mussolini, minacciandolo di render nota la faccenda. Lei può immaginare come io abbia risposto a questa infame proposta del Filippelli. (... ) 11 mio nome per sei mesi è stato infamato come mercenario sicario. Nessuno mi hu difeso. (... )". E al segretario generale del Partito fascista, Roberto Farinacci, il 5 giugno dello stesso anno: «(...) Ho mandato questa notte un espresso a Vaselli prospettandogli l'opportunità di far comparire su Roma Fascisw un mio articolo in occasione del l O giugno. Anche per prevenire le eventuali pubblicazioni del Partito socialista unitario e delle altre opposizioni. lo credo necessario che il delitto Matteotti, in occasione del suo anniversario, debba essere finalmente spiegato al popolo. (... ) Gli (all'articolo) faccia pur dare l'intonazione che vuole, caro Fa1·inacci, insistendo sul fatto che mia fu l'iniziativa e mia l'esecuzione. Più chiari e tassativi di così. .. (... )•. Ecco ora· le pagine che abbiamo preannunciato. I sovversivi ..Fui all'Ufficio stampa della Presidenza del Consiglio per quasi un anno continuo, non certamente in qualità di semplice amico di Cesare Rossi, come si è voluto dire. (... ) Vi appartenevo di fatto( ... ). ..cesare Rossi (... ) doveva crollare per la debolezza del suo più grande e potente amico: Benito Mussolini. Si aveva bisogno della tesla di Rossi per placare le opposizioni e per soddisfare certi deputati e uomini politici che vedevano nel capo dell'Ufficio stampa della Presidenza del Consiglio l'ostacolo principale al loro cammino di speculatori e di mestieranti della pòlitica. ,L'onorevole Balbo, l'attuale sottosegretario al ministero dell'Economia Nazionale, il 13 giugno (1924), cioè il giorno dopo il mio arresto ( ... ), diceva affannosamente a Labriola, deputato socialista, che il delitto era stato compiuto da Dumini per ordine di , Rossi., e che bisognava «farlo mettere in galera .. (Rossi). ,Cesare Rossi era d'impaccio e lo si è tolto di mezzo. Cesare Rossi e.ra innocente. Cesare Rossi seppe da me, soltanto la mattina . del giorno 11 (giugno), che il delitto fu consumato ( ... ). Cesare Rossi è innocente, e tutti lo sanno; cd anche voi, Mussolini, e voi pure, Giovanni Marindli". Cesare Rossi (... ) ebbe altri particolari del delitto da Benedetto Fascialo (funzionario della segreteria particolare del BibliotecaGino Biafl Duce), cui io li avevo dati in fretta in piazza Montecitorio, nel momento in cui gli consegnavo il passaporto di Matteotti( ...). «Qualche mio interrogatorio è durato fino a dodici ore consecutive. Il massone Tancredi voleva la confessione; voleva la confessione accusatrice, voleva lo scandalo per me;,,zo del quale si travolgesse Mussolini e si rendesse vano il sacrificio dei nostri purissimi tremila eroi caduti su ogni piazza d'Italia. E il giudice Tancredi usciva livido e battuto sul terreno che egli aveva scelto ( ... ). «Mi si è definito per un sanguinario di mestiere e per ciniqi criminale indurito. Si è detto cne io volentieri guazzavo nel sangue. Si è giunti perfino a scrivere che dal cadavere dell'onorevole Matteotti furono tagliate certe parti e da me gettate sul tavolino del Filippelli mentre egli stava lavorando. Si è detto e scritto che io abbia sezionato il cadavere e lo abbia distribuito nelle valigie di certi miei compagni. Si è detto e scritto che io abbia fatto divorare il cadavere dai miei ferocissimi cani. ( ...) Mi si è perfino scagliato contro Abbatemaggio, il famoso delatore del processo Cuocolo, il quale doveva dire che aveva avuto da ine alcune proposte per associarlo al ratto del Matteotti. ( ... ) "· Più avanti, Dumini scrive-. va: «E si arriva all'ottobre (1924), in cui io mi dedico, con grave disappunto(. .. ) di tutte le opposizioni, ad un'ampia confessione. La trascrivo qui per intero, semplicemente a titolo di cronaca, così come fu data da me ai giudici( ...); ,,"Prima di cominciare a parlare dell'affare Matteotti è necessario risalire a parecchi mesi fa e collegare.alcuni avvenimenti che con esso hanno stretta relazione. Dai diversi passaporti alt ualmente in possesso dell'autorità giudiziaria ed intestati a • nomi differenti, quali\ Gino Bianchi, Gino. Manfredini, Gino D' Ambrogi, risultano diversi viaggi da me fatti in Francia. La mia permanenza specialmente a Parigi ed a Saint Quentin aveva per scopo di studiare l'ambiente · sovversivo italiano emigrato colà (... ). Fin dai primi tempi ebbi il dubbio che le violenze di cui erano oggetto i fascisti italiani di quella città·. (Parigi) non si dovessero ad episodi sporadici, ma ad un programma che si slav-a svolgendo. Le aggressioni di Francesville, gli assassin·i di Jeri e Lombardi e cento altri ratti mi avvalorarono nella mia supposizione, la quale si cambiò in certezza allorché mi fu confermata l'esistenza e la perfetta organizzazione della federazione delle sezioni comuniste italiane in Francia. E questo non è tutto. Le sezioni italiane, dal lato politico, erano autonome dagli organismi centrali indigeni ed obbedivano esclusivamente ad ordini che venivano dall·'ltalia. Giacomo Matteotti fotografato con alcuni compagni pochi giorni prima dell'assassinio, Il segretario del Partito socialista unitario fu rapito nei pressi della sua casa di via Pisanelli nel primo pomeriggio del 10 giugno 1924. Pochi giorni prima. il 22 maggio, aveva compiuto 39 anni. Il 30 maggio aveva pronunciato alla Camera una violenta requisitoria contro il regime. Nella foto sul titolo: Amerigo Dumini «"Fu specialmente frequentando l'osteria Ferrari (... ), l'osteria Gherci (... ) e il caffè Madagascar alla Villette che potei venire in chiaro di parecchie cose. Frequentavo anche la redazione del!' J-Jumanité. Spesse volte mi era occorso di capire che chi aveva le mani in pasta in parecchie mene che si svolgevano nell'ambiente italian~, emigralo o profugo, era un deputato italiano. ... ~ Pagine di ecce::ionale interesse nel libro inedito scritto dal capo della "Ceka}) subito dopo al'er scontato la pri,na condanna per il rapi111enroe /'0111icidio del segrerario del Par1i10 .,ocia/i.,ra unitario - l 'atril'irà degli antifascisti in Francia e il ruolo che veniva attribuito a .Matteotti Cesare Rossi capro espiatorio Af[ari1·1110e pse11do-giornalis1110-- alle spalle dei rapitori.? l'assassinio di Nicola Bonservizi, segretario della .,e::ionefascista Non detti· subito a questo fatto l'importanza che esso meritava e d'altra parte il mio arresto, eseguito dalla Polizia francese, mi indusse quattro giorni dopo a non frequentare più con tutta assiduità i luoghi di riunione. «"Fu solamente durante il mio ultimo viaggio in Francia che potei avere la persuasione che, lungi dall'essere il Partito comunista italiano quello che aveva ingerenza nell'organizzazione dei sovversivi italiani in Francia, si trattava del Partito socialista unitario o perlomeno di alcuni uomini di esso. Diressi i miei sforzi ad individuare il deputato socialista italiano che, come mi fu assicurato, per mezzo di messaggi e di individui, dirigeva gran parte degli avvenimenti che si svolgevano sul territorio francese ed aveva molta innuenza sulle decisioni che si prendevano dai capi degli organismi dirigenti. Fu solamente frequentando la sezione della rue Wilheau che potei avere da un tale Pellegrini luce completa. Il deputato Matteotti era colui che fino ad allora io avevo sentito denominare solo con la definizione di onorevole ed un certo Soagnoli era quello che lo rappresentava a Parigi e che si -incaricava di trasmettere gli ordini che gli pervenivano dall'ltalìa. «"Mi attaccai a questo Pellegrini ed entrai in dimestichezza con lui. Amicizia preziosa, che mi delucidò parecchi degli avvenimenti svoltisi in Francia contro i fascisti italiani. Gli assassinldi Lombardi e di Jeri mi furono lumeggiati non come avvenuti in seguito ad uno scatto di odio improvviso, ma freddamente concepiti ed eseguiti, dando ad essi il carattere di episodi non premeditati. Seppi anche che era intendimento dei dirigenti locali lo spazzare Parigi dagli elementi fascisti e che presto questo sarebbe stato un fatto compiuto. lo credo fermamente che il Pellegrini, per quanto si desse l'aria di saperla lunga, non era al corrente di quelio che si maturava, ma quanto egli mi aveva detto bastava sufficientemente ad allarmarmi. La« lista nera)) ,,"Tutti i miei viaggi a Parigi e le mie permanenze in quella città avvenivano senza che il segretario della sezione fascista, commendator Nicola Bonservizi, ne fosse a conoscenza, poiché qualunque cosa avvenisse, io non volevo che né lui, né la sezione del Partito ne fosse coinvolta. Ma ciò che io sapevo, in modo vago sì, ma altrettanto sicuro ( ... ), mi obbligavano a farne parte lui stesso, per la mia sicurezza e per quella dei fascisti iscritti alla sezione del Partito. Mi presentai a casa sua ( ... ). In un quarto d'ora, in succinto, lo misi al corrente della situazione. Egli ne fu sufficientemente impressionato e mi lasciò dandomi appuntamento in un posto prestabilito per l'indomani. «"Le notizie che io potei avere in seguito confermavano vieppiù ciò che ormai per me era divenuta sicurezza e persuasione la più assoluta. E cioè: gli assassini di Jeri e Lombardi essere avvenuti per vendetta politica e per mandato del Partito socialista unitario; doversi all'ingerenza del Matteotti attribuire gran parte degli avvenimenti culminati con ì suddetti omicidi e con minori violenze, come le serali bastonature ai fascisti abitanti alla periferia. Si pensi che,·in possesso dì tale Orlandi, frequentatore di una bettola di piazza delle Nazioni, ho visto io stesso una lista, non so se completa, di fascisti residenti a Parigi di Parigi con tutti gli indirizzi. Evidentemente un traditore si annidava nella sezione del Partito fascista. ,"Da alcuni giorni i miei sospetti su di un'aziohe da compiersi su un capo fascista si stavano avvalorando. (... ) Facevo sorvegliare il Bonservizi continuamente, da un mio compagno, e lo informavo con esattezza dei miei rilievi. li Pellegrini ed un certo Mandelli, con cui strinsi relazione poco dopo, 111 i erano preziosi, avevo da loro informazioni e notizie, che in parte potevo controllare e che risultavano esatte. (... ) (Manca una cartella). «"Il viaggio del Matteotti si compi, e, quello che è doloroso dire, con la complicità di un funzionario della Polizia italiana. (Il 17 ottobre del 1924 Mussolini telegrafò all'ambasciatore d'lta1 ia a Parigi, Romano Avezzana: «(...) Circa l'attività sovversiva svolta dall'onorevole Matteotti in Francia, risulta da una dichiarazione da lui stesso rilasciata ed esistente presso le autorità italiane che nell'aprile del 1924 egli era rientrato in Italia dalla Francia, ove erasi recato senza passaporto, e di nascosto delle. autorità italiane. Ciò conferma sua Domani LA CONFESSIONE DI DOMINI ELE MINACCE DEL DUCE attività subdola, segreta ed antinazionale; diversamente non avrebbe avuto nessuna ragione di passare il confine, come egli stesso dichiarava, per via nascosta, che malgrado le diffide non ha voluto svelare all'autorità italiana»). La mia assenza da Parigi, ove del resto non potevo più operare poiché ero stato scoperto, mi teneva nell'oscurità delle decisioni prese ed ero in grande apprensione per l'esistenza dei miei compagni di fede. ,,"L'assassinio di Nicola Bonservizi (spirato il 26 marzo del 1924 nella capitale francese in seguito all'at- . tentato subito il 20 febbraio da parte del cameriere Ernesto Bonomini, giov<!ne ruoruscito italiano) mi giunse come un fulmine e non esitai a coordinarlo cogli altri fatti avvenuti anteriormente e a farne riferire la colpa alla propaganda intensa del Matteotti, dello Spagnoli, del Faggi e di altre persone residenti in Italia. La mia impotenza assoluta di far luce sulla fine del povero amico mi accasciava, poiché ero sicuro che il Bonomini non aveva fatto che la parte esecutiva nel misfatto, rne ntre ad altri dovevano farsi risalire le responsabilità». (Continua) I

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