va (allora come oggi) « all'inerzia mentale di far aspettare il popolo nella illusione della grande palingenesi della rivoluzione ». Era il suo imperativo categorico, anche se egli era consapevole che era altrettanto illusorio pensare di far prevalere in quella Camera dominata col ricatto e con la violenza, le ragioni di una normale competizione parlamentare. Si aveva ben presto la prova dell'irriducibile incompatibilità tra fascismo e sistema parlamentare, con la presentazione del disegno di legge governativo che istituiva il collegio unico nazionale per le elezioni dei deputati e assegnava i due terzi dei seggi alla lista di maggioranza, anche relativa. La Camera approvandola, nonostante la ferma protesta delle opposizioni, sanzionava la sua fine, ed il primo passo verso la fine di ogni libero parlamento. Il discorso dell'olocausto Mussolini scioglieva, infatti, prematuramente la XXVI Legislatura e indiceva, per la data del 6 aprile 1924 le elezioni, che gli davano la maggioranza desiderata. Venivano infatti eletti 275 fascisti del « listone » e 99 fiancheggiatori, e 147 oppositori delle sette liste in palio: 24 socialisti unitari, 22 massimalisti, 19 comunisti, 39 popolari, 28 riformisti e democratici, 11 radicali, repubblicani e sardisti, 4 allogeni. Le elezioni si erano svolte in una inenarrabile atmosfera di terrore. In molte province era stata impedita la presentazione dei candidati socialisti; uno di essi, il tipografo -Antonio Piccinini, di Reggio Emilia, era stato barbaramente trucidato. Violenze allucinanti, bandi, devastazioni avevano compiuto l'opera di intimidazione (9). Matteotti era stato rieletto nel collegio Padova-Rovigo, e rieccolo alla tribuna per rivendicare la dignità di un popolo schiavizzato e conculcato nei più sacri sentimenti di umanità e di civiltà. Non si può rileggere senza profonda ammirazione e commozione il discorso del 30 maggio 1924, con il quale Matteotti si votava ad olocausto della perduta libertà, proponendo l'invalidazione in blocco di tutti i deputati del listone e di conseguenza della XXVII Legislatura. La sua formidabile requisitoria, il suo « canto del cigno » come venne definita dagli storici del «ventennio» (10), aveva suscitato i furibondi sdegni dei fanatici pretoriani del duce, che si sentivano anche personalmente accusati come ispiratori e condottieri delle bande a delinquere fasciste. Matteotti, incurante delle in358 terruzioni, degli insulti, delle precise minacce della canèa vociferante, che Io investivano ad ogni periodo, esponeva fatti, date, nomi. Serenamente, stoicamente. Al presidente della Camera, on. Alfredo Rocco (11), che tenendo bordone agli esagitati interruttori, lo invitava a parlare... «prudentemente», aveva ribattuto con la memorabile frase: « Io chiedo di parlare non prudentemente nè imprudentemente, ma parlamentarmente ... » (12). Terminato il discorso, intorno a Matteotti si stringevano i compagni di gruppo, plaudenti e congratulanti. « Però voi adesso - aveva detto loro - preparatevi a fare la mia commemorazione funebre » (13). Parole presaghe dell'imminente martirio, rese ancora più chiare nel loro significato, alcuni giorni dopo, il 4 giugno, durante la discussione sul discorso della corona, quando un vivacissimo incidente lo opponeva direttamente a Mussolini, il quale negava che il « Popolo d'Italia » avesse approvato, a suo tempo, l'amnistia ai disertori. Matteotti gli aveva tenuto testa, documenti alla mano, risollevando le collere del capo e i vituperi dei suoi scherani. Il 10 maggio 1924 il « deputato » Matteotti veniva barbaramente assassinato dalla Ceka del Viminale. E Filippo Turati, commemorando in Lui, « il più forte, il più degno », nella storica riunione delle opposizioni, che preluse all'Aventino, il 27 giugno, poteva trarre dall'evento inaudito la lapidaria conclusione: « Noi parliamo da questa aula parlamentare, ma il Parlamento non esiste più ». ANTONIO V ALERI (1) « Discorsi parlamentari di Giacomo Mat=- teotti », pubblicati per deliberazione della Camera dei Deputati, con la prefazione del suo Presidente, compagno on. Sandro Pertini, per i tipi degli Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo, Roma, 1970. I primi due volumi, di complessive pagine 940, comprendono gli « atti », curati dal segretariato generale della Camera, con il concorso della Biblioteca, dell'Archivio Storico e di eminenti studiosi, ai quali si devono le sobrie note di richiamo alle vicende politiche e parlamentari, cui si riallacciano i singoli interventi di Giacomo Matteotti. Un terzo volume, in corso di preparazione, conterrà la documentazione relativa ai discorsi ed ai dibattiti che ne furono occasione. (2) Cfr. il suo discorso al XVI Congresso nazionale del P.S.I. (Bologna, 1919); un discorso - scrive Luigi Cortesi nel volume « Il socialismo italiano tra riforme e rivoluzione», edito dal Laterza nel 1969 - « ... che per la sua ampia visione dello scontro di classe in corso usciva dagli schemi del riformismo tradizionale »1 ed il giudizio è esatto se si riferisce al riformismo attendista e rinunciatario, che non era affatto quello dei grandi spiriti del socialismo italiano. BibliotecaGino Bianco (3) La collaborazione di Matteotti a « Critica Sociale » ebbe inizio nel 1915, con un articolo sulla posizione socialista nei confronti delle veementi polemiche fra neutralisti e interventisti. Si fece frequente fra il 1919 e la vigilia della sua scomparsa, con scritti prevalentemente di carattere economico e finanziario (« La questione tributaria» nel 1919; « Il frumento nell'economia internazio~ nale » (1921); « La discussione dei bilanci alla Camera. Un'altra illusione», « Imposte indirette. Confronto con le direlte », « La tassazione dei salari)), « Socialismo, cooperative e industrie parassitarie», « Come si salda la bilancia commerciale », « La crisi e i pericoli di un'economia politica», <e La pressione tributaria nei Comuni e le favole dei professori » (1922); « L'Italia nel contrasto per le riparazioni >), << Srnontature finanziarie. Un confronto tra i bilanci di dopoguerra e l'attuale », « La serie dei disavanzi italiani » (1923). Sono del 1919 gli « Spunti universitari », osservazioni sullo « squilibrio della cultura italiana ». I temi politici sono trattati con maggiore assiduità dal 1920 (« La proporzionale nelle elezioni amministrative). Nel 1921: « Il terrore bianco nel Polesine », « Dopo i Congressi di Milano e di Venezia », « Per la lotta di classe, contro la guerra civile. La lotta agraria nel Polesine ». Nel 1924: « Dopo un anno di dominazione fascista », « Disjecta membra» e l'« Ultimo discorso del Martire». È evidente il parallelismo fra gli argomenti svolti alla tribuna parlamentare e quelli ricorrenti nella rivista. (4) Il giudizio è del Carocci, nel volume: Il parlamento nella storia d'Italia, Bari, Laterza, 1964. (5) Cfr. Luigi Fabbri: La controrivoluzione preventiva, Cappelli Editore, Bologna, 1921, nella « Collana di studi sul fascismo » diretta da Rodolfo Mandolfo. (6) Il numero complessivo dei deputati era stato portato da 508 a 535. Nell'ultima settimana elettorale, chiamata la « Pasqua di sangue » furono uccisi 105 lavoratori negli innumerevoli « conflitti >) - così definiti eufemisticamente dagli organi cosiddetti e< indipendenti )) - provocati dai fascisti. (7) Nel suo discorso di presentazione alla Camera, il 16 novembre 1922, Mussolini aveva pronunciato le parole sprezzanti e minacciose: cc Potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di man ipoli, potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti ». Soltanto un gruppo di socialisti unitari faceva eco al grido di Modigliani: « Viva il Parlamento! ». (8) Nelie sedute del 2 e del 6 giugno e del 29 novembre 1923, Matteotti aveva accusato il governo di aver reso proibitivo il completo rifornimento dello zucchero nei mesi nei quali il prezzzo internazionale era basso, danneggiando la nazione per parecchie decine di milioni di minore introito doganale e per il maggior prezzo imposto ai consumatori, ed aveva rilevato che <e dopo una serie lunghissima di anni gli zuccherieri italiani sono ancora padroni di influire sul governo come hanno sempre influito a danno di tutto il popolo italiano )). (9) Ciò nonostante le opposizioni avevano totalizzato 2.373.623 voti su 7.218.162 votanti. (10) Cfr. Luigi Salvatorelli - Giovanni Mira: Storia del fascismo, Rizzoli editore, 1952. (li) Quel mec,lesimo che fu poi ministro di Grazia e Giustizia, e assunse la paternità dei codici fascisti. (12) Ai deputati fascisti, che negavano le violenze, inventate, a loro giudizio, dalla paura ... delle vittime, Filippo Turati aveva risposto: « Paura! Sì, paura! Come nella Sila quando c'erano i briganti avevano paura! )>. (13) Cfr. Alessandro Schiavi: La vita e le opere di Matteotti, Ed. Opere Nuove, Roma, 1957; e Aldo Berselli: L'Italia dall'età giolittiana all'avvento del fascismo, Ed. Patron, Bologna, 1970. Le furibonde reazioni del duce al discorso di Matteotti ed i suoi incitamenti ad agire (« Ma che fa Dumini? ») sono stati successivamente rivelati dalle chiamate di correo dei suoi fidi, preordinatori delle alte opere: Cesare Rossi, Filippelli, Marinelli, generale De Bono.
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