Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

52 accertato gravi responsabilità nei confronti dei suddetti. In quanto ad opera di elementi antinazionali, reclutati fra gli antifascisti, i repubblicani, i sovversivi ed i demoliberali si era costituita in Italia una orga-· nizzazione clandestina rivoluzionaria denominata « Giustizia e Libertà». Si tenevano numerose riunioni segrete, si confezionavano bombe, si divulgavano opuscoli sovversivi a base di calunnie e di notizie allarmistiche ed a sostegno di tale criminosa attività si incettavano fondi mediante la emissione ed il rilascio di appositi buoni. Come è stato ampiamente provato, tale organizzazione era alle dirette dipendenze del fuoruscitismo francese e particolarmente del Rosselli, Terchiani, Lussu, Cipriani, Salvemini, Cianca e Facchinetti. ' Numerosa corrispondenza, scritta in inchiostro simpatico •e sequestrata durante le primi indagini e durante le more dell'istruttoria, documenta le direttive impartite da costoro per una azione violenta che avrebbe dovuto organizzarsi in Italia per l'abbattimento del Governo. L'associazione infatti propagandava tra i suoi adepti la necessità di procurare con ogni mezzo l'azione violenta, di apprestare squadre d'azione per abbattere il Governo fascista, di costituire un governo provvisor-io e di convocare, anche contro la volontà della Corona la Costituente. Né si peritava di qualificare « Eroe Nazionale» l'anarchico De Rosa (2) che aveva attentato alla vita del Principe Ereditario; di incitare alla rivolta il sergente Viezzoli che facendo uso del suo apparecchio militare avrebbe dovuto volare su Roma come già il Bassanesi a Milano. [ ... ] BibliotecaGino Bianco Dal contenuto incendiario propagandistico dello stesso materiale stampato alla macchia emerge la continua istigazione alla guerra civile nonché alla insurre~ione armata contro la costituzione dello Stato. Eccitando gli animi timorosi degli affiliati con l'obbiettare: « Ma si dice i fascisti hanno le armi; noi no! Non è vero. Solo una piccola minoranza di fascisti tiene in permanenza le armi. La grande maggioranza, se colta di sorpresa, è disarmata. Inoltre gli operai hanno gli strumenti di lavoro che in un corpo a corpo sono preziosi. Poi sono le armi dei fascisti che si possono facilmente conquistare; ci sono infinite armi nascoste nelle case sotto terra; poi c'è il numero: e se i fascisti osassero di tirare sul popolo in rivolta, si scaverebbero la fossa con le loro mani». In seguito a diligenti indagini ed abili pedinamenti gli agenti di P.S. poterono stabilire che taluni operai delle officine « Alfa Romeo » si erano accodati al movimento concentrazionista rivoluzionario, - in genere capeggiato nel Regno dagli intellettuali antifascisti -, cioè il Pagani, il Biardi, il Vacchelli ed il Pierantoni. Dalle confessioni stesse degli imputati e dalle chiare e precise prove testimoniali risultò: che il Pagani, già fervente socialista militante tanto che fu consigliere comunale di Milano nell'amministrazione rossa Filippetti, condannato per espatrio clandestino, ebbe dal suaccennato materiale di « Giustizia e Libertà» e che corpe da incarico avuto dal Vacchelli, ne passò al Biardi perché a sua volta ne curasse la diffusione. Che il Vacchelli, diffidato politico, ebbe un pacco di circa 20 copie di detti stampati clandestini da un compagno di fede e ne diede al Pagani. Che il Biardi, già noto socialista·, ricevette del materiale di « Giustizia e Libertà» dal Pagani e del Pierantoni. Che il Pierantoni, di salute cagionevole ma completamente responsabile dei suoi atti, noto anarchico schedato, a sua volta ebbe stampe clandestine; però non fu possibile accertare da quale compagno di fede gli siano state date. [ ... ] Il Collegio considera che, secondo lo stesso imperativo categorico della divulgata stampa clandestina « Giustizia e Libertà» si evince che tutti gli affiliati al movimento rivoluzionario concentrazionista tengono archiviate le rispettive tessere di partito e che si sono organizzati solo per una unità di azione e non per un partito. Che tutti sono uniti in una unica disciplina di ferro, decisi alla audacia ed al sacrificio per la risco,;- sa, per il rovesciamento del Governo fascista e per la conquista di un regime democratico repubblicano. Che tutti adunque 'hanno un solo programma: « La rivoluzione violenta antifascista». E fino a che rivoluzione non è avvenuta tutti gli antifascisti debbono marciare in colonne serrate decisi seriamente ad agire non a parole ma a fatti. Dalla sentenza del processo Moulin-Albasini-Maffi Il 30 marzo 1931 l'imputato Moulin Leo giunse a Milano con una comitiva di turisti provenienti dal Belgio. Egli aveva con sè un baule, e sfuggendo al controllo della dogana, lo portò all'albergo Firenze dove prese alloggio con tutta la comitiva. Detto baule, a doppio fondo e a doppio coperchio, conteneva stampe sovversive intitolate « Giustizia e Libertà» e gli era stato consegnato a Bruxelles dal fuoruscito Bassanesi Giovanni con l'incarico di portarlo all'avv. Albasini Vittorio di Milano, per il quale gli aveva dato un biglietto di presentazione assicurandolo che il latore era person~ di cui si poteva fidare. Oltre a ciò il Bassanesi diede al Moulin due lettere da portare a Milano:

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==