timana rossa», e Salvemini aveva già allora bollata la sinistra socialista, già da tempo maggioritaria e capeggiata da Mussolini, come la portatrice di una « rivoluzione senza programma». Ma la critica alla sinistra era stata preceduta, ed era accompagnata, da una annosa, aggressiva polemica contro il riformismo, settoriale e localistico, che dava per confini ai propri frammenti di socialismo, quelli del sindacato, della cooperativa, del comune. A pochi mesi di distanza, la campagna per l'intervento aveva dimostrato come il blocco delle forze borghesi fosse in grado di isolare il proletariato nel paese, di calpestare i suoi veti, di batterlo nell'azione di piazza. Nel dopoguerra, nonostante gli enormi fatti nuovi, la situazione nei suoi termini fondamentali non è mutata. La crisi economica, sociale, politica, ideologica, ha dimensioni di gran lunga più vaste e più profonde, ma i rapporti di forza tra· le classi, come i fatti confermeranno son rimasti relativamente inalterati, ed il potere statale, come i fatti confermeranno, anche se traballante, non è in dissoluzione. Le masse popolari sono cariche di rancore contro i responsabili della guerra, di esasperazione di odio . contro gli speculatori e gli affamatori, veri o presunti, sono· infiammate dal trascinate mito della rivoluzione d'ottobre. Ma rancori e miti operano anche nel campo avverso: la piccola borghesia, che ha già fatto da forza d'urto nella battaglia per l'intervento, è uscita dalla guerra dotata di una moderna capacità organizzativa, di una spietata tecnica nell'azione diretta, di un ardente spirito d'avventura. E il partito socialista è rimasto lo stesso, noBibliotecaGino Bianco nostante l'enorme incremento numerico, che preoccupa, e finanche spaventa, i suoi capi: un partito a ordinamento interno liberale, retto da una sorta di regime d'assemblea che esprime la p.ropri,a volontà sovrana 'soltanto a scadenze ~unghe, nei t'lllllulJtuQlsicorugressii, 18.\Sciandone1g11i in t;wv,a,ili ;pa,uTosi vuoti ·di ·potere e mai affrontando i problemi, drammaticamente posti dalla violenta esplosione democratica, di organizzazione, di articolazione e di centralizzazione nell'esercizio della direzione politica. Un partito _siffatto è incapace di iniziativa politica collettiva ed unitaria, non può non non aprirsi, nel momento delle decisioni, ad un immenso interminabile dibattito, gravato da dottrinarismi, inquinato da sentimentalismi, da irrazionali miti, da passioni, povero di realismo, dove i torti e le ragioni si intrecciano e si confondono, dove nessun atto politico può levarsi dal piano del dilettantesèo, del velleitario, della buona intenzione. Serrati ha ragione quando dice che spaccare il ipartito e i'l mov,imento operaio non .faTà :fare un sol passo avanti alla rivoluzione, ma molti passi indietro; ha però torto nel credere che basti tenere unite tendenze divergenti per fare una rivoluzione, di cui le condizioni hanno ancora da· realizzarsi. Turati ha ragione nel proporre un piano di collaborazione tra proletariato e borghesia produttiva, ma ha torto nel credere che un ,programma di compromesso, ohe Iede interessi radicati della borghesia possa essere- accettato senza essere imposto e senza che le rappresentanze politiche del movimento operaio se ne assumano la corresponsabilità; ha ancora ragione nel temere che accedendo ad una collaborazione di governo senza il consenso delle 37
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==