Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

teorizza l'esperienza che va facendo dei consigli operai, attirandosi anche i moniti bordighiani a non indulgere a formule spontaneistiche e volontaristiche. La rappresentanza comunista nella Direzione del partito non va più in là della emanazione di circolari che invitano a costituire senza indugi i soviet italiani. La nascita del partito comunista d'Italia non crea, da questo punto di vista, fatti nuovi. Il primo e non raggiunto obiettivo tattico del nuovo partito è la eliminazione del partito socialista come partito maggioritario del movimento operaio. Nel loro primo congresso i comunisti fanno propria_ la tesi bordighiana, e fedele agli orientamenti della Internazionale, con la quale si prevede e si auspica un governo socialdemocratico non perché questo creerebbe una situazione politica più favorevole all'avanzata delle masse, ma al contrario perché un tal governo finirebbe con lo scatenare contro il proletario rivoluzionario un'offensiva sanguinosa, dimostrando cosi ad esso con l'eloquenza dei fatti cqe soltanto attraverso la propria dittatura sarà possibile spezzare le catene della oppressione di classe. Neanche l'avvento e il consolidamento del regime fascista indurrà i comunisti italiani a modificare i termini del loro giudizio sulla situazione, e la parola d'ordine del « fronte unico)), partita da Mosca non sarà nulla di più che una rettifica limitata dichiaratamente al piano tattico, e destinata a lasciare immutata la politica. Su un terreno nuovo e, per certi aspetti, storicamente più avanzato rispetto alla tradizione della Seconda internazionale, i comunisti si collocano per quanto riguarda il problema del partito. Le novità si manifestano nelle tecniche organizzative, ma queste a loro volta derivano da una nuova concezione del partito nei suoi momenti ed elementi essenziali:· la formazione del gruppo dirigente, la creazione di un tramite permanente e sicuro tra esso e i militanti, il rapporto con le masse. L'esperienza che ispira la dottrina è in questo caso quella bolscevica, ed è un'esperienza di cospirazione e di lotta ad oltranza nella quale l'omogeneità del gruppo dirigente, la disciplina ferrea, la spregiudicatezza nella scelta dei metodi sono condizioni essenziali per la sopravvivenza politica prima ancora che per il successo. Anche l'apparato di rivoluzionari professionali, che dipartendosi dal centro, inquadra, controlla e dirige tutta la compagine organizzativa, non è un'invenzione di Lenin, è il prodotto storico di decenni di lotte illegali, nelle quali soltanto attraverso la totale dedizione dei miliBibliotecaGino Bianco tanti alla causa era possibile conservare alla organizzazione ed all'azione politica una linea di continuità. Nell'era del ferro e del fuoco inaugurata dalla guerra e proseguita coi fascismi, i partiti comunisti risulteranno efficaci strumenti di combattimento. Gli elementi nuovi della dottrina comunista del partito non si fermano però qui: in maniera sia pure rozza e contraddittoria essi rispondono ad esigenze poste in forma perentoria dall'ingresso di grandi masse sulla scena politica, che rende impossibile affidare di anno in anno a maggioranze improvvisate e magari tumultuariamente raccolte le sorti di una linea ipoli-tìcadi laTlgo'!1rug,gioed a lunga -scaJdenz,a,che rende impossibile dislocare con rapidità le masse da una posizione all'altra, che richiede una capacità di organizzazione e di direzione formata su una lunga ed ininterrotta esperienza di elementi professionalmente impegnati in un tal lavoro, una elaborazione ideale ed una fecondità propagandistica che consentano di creare miti, di suscitare ondate di fede e di passione, di far nascere, quando sia necessario, una collettiva volontà di lotta e magari di sacrificio. Il bilancio dell'attivo e del passivo, in sede storica, di una tal concezione del partito, coincide di fatto con la storia del comunismo internazionale. Il movimento socialista nel primo dopoguerra, quale storicamente si configura nella sua rappresentanza politica di gran lunga prevalente, appare, così, profondamente diviso, e altrettanto profondamente disorientato nell'ambito di ciascuna delle sue correnti. Le disquisizioni intorno al carattere riformi- . stico, in senso socialista, o, viceversa, rivoluzionario, della situazione, hanno da fare i conti con questo stato di cose. Non c'è infatti, a mio parere, situazione la quale possa essere qualificata in base all'analisi delle condizioni cosiddette oggettive, che prescindano cioè dalla natura storica delle forze politiche in gioco e del loro rapporto con la realtà circostante. Da questo punto di vista la situazione italiana del dopoguerra può essere definita solamenrte .come ,d!i·crisi, suscettiJbile idi s-vi:luppo, entro certi limi~i, assai diversi, a seconda del grado di maturità delle forze politiche che vi si muovono. I sintomi della crisi - e insieme ad essi illuminanti lampi sui suoi potenziali sbocchi - si erano del resto già avuti alla vigilia della prima guerra mondiale. Il primo d'essi si era manifestato con le grandi lotte di massa del 1914, culminate nella « set-

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