il richiamo al cristianesimo prjmitivo è altrettanto fervido e costante che in Lazzari. Per valutare il fenomeno in tutta la sua portata, bi-sogna tener conto del fatto che Lazzari non è un isolato, che è uno dei rappresentanti più autorevoli della vecchia corrente intransigente, che durante la guerra egli è segretario del partito, e che pur sballottato dalle onde della lotta interna, negli anni del dopoguerra egli resta uno degli uomini più rappresentativi della. sinistra. Il salto dall'intransigentismo al rivoluzionarismo non lo farà mai. Nel congresso del 1919, egli è in minoranza, a fianco di Turati, sul rifiuto di accettare, eretto a principio, il metodo della violenza, ma negli anni successivi continuerà a battersi per l'ammissione del partito nelle file dell'Internazionale comunista che della conquista violenta del potere ha fatto il proprio primo comandamento. Di lui si narra - e l'aneddoto, anche. se di dubbia autenticità, è egualmente significativo - che a Lenin, il quale gli dava consigli sul come procedere contro i nemici irriducibili della classe. operaia e della rivoluzione, egli abbia risposto che i metodi cruentj erano inapplicabili in Italia, perchè gli italiani, e specificatamente i milanesi, son brava gente. Sul versante opposto, rispetto a Lazzari, nell'ambito della corrente di sinistra, è un gruppo assai torbido, che trae origine dal mondo del « sovversivismo irregolare », maturato negli anni dentro e fuori delle file socialiste, esplooo allo scadere del decennio giolittiano, con Mussolini, continuato nel dopoguerra, ma squallidamente, senza originalità e senza estro, dai Bombacci e dai Bucco. Ai confini con questa frazione, ma fuori del partito, sta il sindacalismo rivoluzionario, dotato di una forte carica attivistica e sovversiva, tramite per il passaggio al fascismo di una nutrita pattuglia, donde emergeranno agitatori spregiudicati e spietati organizzatori di bande armate. Non va però confuso con questo settore della sinistra il movimento anarchico, il quale nei suoi elementi rappresentativi conserva una sua schiettezza ed una sua dignità, non inficiate da qualche sporadico ed irresponsabile episodio di terrorismo. Al centro della corrente massimalista, anche· lui, come Turati, piuttosto ispiratore e simbolo, che capo, si colloca Giacinto Menotti Serrati. Di Serrati e della sua opera negli anni del dopoguerra si è parecchio discusso in questi ultimi tempi, si preannunciano raccolte di suoi scritti e studi su di lui. Alcune sue cose sono BibliotecaGino Bianco Ouvrier, prend> la. ma.c.9i12e ! pre17d..} la terre. pay5?..'2, state di recente ripubblicate da Paolo Spriana, in appendice ad una riedizione della raccolta di brani tratti dall'opera di Lenin relativi al movimento operaio italiano, e giudizi su di lui si trovano anche nella prefazione al volume, anch'essa di Spriana, che si distingue per essere il primo tentativo, compiuto da un comunista di buona osservanza, di proporre alcune revisioni dei tradizionali giudizi comunisti sull'argomento. La lacuna però, in campo storiografico, per quanto riguarda Serrati, resta, ed è anch'essa grave. Certamente, allo studioso che si occuperà a fondo di lui non sarà dato di scoprire un pensiero originale e neanche una linea politica precisa. E' assai probabile invece che ne risulti confermata l'impressione secondo la quale Serrati rappresenta il punto più alto di coscienza che il massimalismo abbia avuto del proprio dramma, offrendo così oggi la possibilità di penetrare attraverso la sua personale vicenda nei groviglio 33
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