Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

prio organo di elaborazione dottdnaria e politica, la Critica Sociale, attiva da circa un trentennio, su una linea di ininterrotta coerenza, nel lavoro di formazione di un vasto gruppo di militanti e dirigenti, e ancora ricca di indiscusso prestigio. Alla testa della corrente, ispiratore più che capo, è ancora Filippo Turati. La sua ipotesi è- la stessa che egli aveva teorizzata un ventennio prima, agli albori della svolta liberale: l'avvento del socialismo è la meta di una lunga marcia ascensionale, lenta e graduale del proletariato, in cui la molla sia la lotta di classe, civilmente praticata, e il metodo quello di procedere in alleanza, fino ad assorbirle, con le formazioni di liberalismo democratico. Il ritmo della marcia non può essere accelerato per atto di volontà. Nessuna tappa sarà stabilmente raggiunta che non risponda alle esigenze dello sviluppo economico e che non sia pari al grado di maturità toccata in quel momento dal movimento operaio. Il programma non è più lo stesso. Turati, come la sua rivista dimostra, ha avuto durante la guerra l'orecchio attento alle discussioni avvenute in seno al socialismo europeo relative all'intervento dello stato nell'economia, si è egli stesso interessato ai progetti che da varie parti - organizzazioni sindacali, commissioni parlamentari, gruppi vari di economisti e di sociologi - sono stati formulati per fronteggiare vantaggiosamente la prevista crisi del dopoguerra sul terreno economico e sociale. Di nuovo, nel piano di Turati, c'è anche l'allargamento all'Europa del suo orizzonte, c'è la chiara sensazione che le sorti del socialismo italiano siano legate a quelle dell'intero movimento democratico e socialista europeo, e largamente subordinate alla capacità di cui esso saprà dar prova di dare la propria impronta alla pace. Di qui, oltre che dalla sua recisa condanna della dottrina e della pratica del bolscevismo, deriverà anche la sua opposizione alla tendenza prevalsa nel partito a rompere ogni residuo legame coi dispersi superstiti della Seconda internazionale, ed a riconoscere invece nella sola Internazionale di Mosca, scarsamente rappresentativa del movimento operaio occidentale, il nuovo centro di direzione e di guida delle forze socialiste di tutto il mondo. Dall'assenza di una iniziativa socialista in Europa viene uno dei punti di debolezza del piano di Turati. I partiti socialisti tradizionali restano, anche dopo la guerra, al rimorchio delle forze che la guerra hanno scatenata e diretta, non sanno opporsi alla gara degli sciovinismi e degl'imperialismi trionfanti. _ BibliotecaGino Branco Esiste però anche un limite interno alla posizione di Turati, che ha radici nella dottrina, e che si manifesta in forma di carenza, per dirla con espressione sintetica, di volontà politica autonoma. · Turati, infatti, ha un certo numero di provvedimenti da proporre, concepiti secondo ragione, coordinati in un certo schema, rivolti a ricostruire le ricchezze distrutte e ad incremen·- tarle, a sanare antichi e nuovi squilibri, a creare le condizioni per una pacifica ripresa della lotta politica e di classe, dopo anni di aspre tensioni e di violenti contrasti. E' un piano in cui le tecniche suggerite sono ancora rudimentali, alla pari, in qu~to, -con le ,dottrine economiche del tempo, ancora ai primi passi in materia di programmazione; è un piano donde riceve conferma la relativa sordità di Turati rispetto al complesso di problemi lungamente dibattuti da Salvemini, e che possono in certo senso rannodarsi intorno alla questione meridionale; ma è soprattutto un piano dove si postula la necessità di un organico intervento statale nella economia, ma senza valutarne la portata e 1-eimplicazioni sul terreno politico, senza, in sostanza cogliere il legame di stretta interdipendenza esistente tra il tipo di direzione politica cui si dà _vita ed il tipo di intervento che si cerca di realizzare. Il problema italiano, per Turati, sta tutto nella necessità di raddoppiare, entro breve lasso di tempo, le risorse del paese. Qualunque governo, borghese o bolscevico che esso sia, non potrà eluderlo e dovrà affrontarlo nelle forme e per i risultati che l'economia stessa, allo stadio di sviluppo raggiunto, impone: così in Russia i bolscevichi sono costretti a restaurare l'antisocialistica piccola proprietà contadina; così in Italia la borghesia sarà costretta a fare lunghi passi in direzione di soluzioni socialiste. La funzione dell'azione politica, in questa visione, finisce con l'essere del tutto secondaria, la collaborazione politica dei socialisti con l'essere superflua, il consenso delle masse un fatto che verrà da sé, via via che le cose cominceranno a procedere nel verso giusto. Claudio Treves, l'inquietante profeta del gruppo riformista, aveva parlato di una fase nella quale la borghesia non era più in grado di governare ed il proletariato non lo era ancora, ed aveva visto in questo tragico destino l'espiazione del delitto immane consumato con la guerra. Turati non crede che la storia possa arrestarsi, non vuol cedere alla tentazione di porre un'epigrafe sulla realtà in movimento, ma il suo discorso si risolve in un monito alle correnti 31

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