Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

28 tano per dar dei risultati a scadenza breve ed· i termini eran troppo coperti perché esso venisse inteso fuori di una ristretta cerchia di iniziati. Tuttavia questo. bastò perché la direzione della rivista entrasse in crisi e la scomparsa seguisse a breve scadenza. Presso a poco nello stesso lasso di tempo ebbe a registrarsi il primo tentativo di proporre una organica interpretazione della storia del partito comunista, eterodossa ed assai polemica rispetto a quella ufficiale, opera di ·uno studioso, Giorgio Galli, proveniente da esperienze politiche e metodologiche diverse da quelle del folto gruppo impegnato fino a quel momento nelle ricerche di· storia del movimento operaio. Il libro di Galli è notevolmente influenzato dalla problematica della « rivoluzione mancata», relativamente al periodo di cui qui si parla, ed ha come suo tratto caratteristico ,ma rivalutazione dell'opera di Amedeo Bordiga. Il giudizio cii Ga)li su Bordiga è acuto, ma anche per più aspetti, discutibile. Esso tuttavia, specie per il momento in cui veniva presentato, aveva il merito di sbarazzare il terreno delle calunnie fabbricate in serie contro il primo capo del comunismo italiano, di documentarne la lineare coerenza, di richiamare l'àttenzionè degli 'Studiosi su di un perlsona1g1giioidi vilgore e riJgore non ·comuni e comunque di 1g,rrantdeimpOlftanza nella vicenda del partito comunista italiano e dei suoi rapporti con l'Internazionale di Mosca. La discussione però non ci fu, ed il libro di Galli, trattato alla stregua di un pamphlet semiscandalistico rimase senza sensibili echi. Oggi il clima è profondamente mutato. Chi metta a confronto il vecchio Quaderno di Rinascita con il recente saggio di Togliatti sulla forma:z;ione del gruppo dirigente comunista può misurare quanta strada sia stata percorsa. L'interpretazione qui resta tendenziosa, ma è la tendenziosità di ogni storiografia di parte, specie quando, come in questo caso, sconfini nella memorialistica. Siamo passati, si può dire, dall'età del mito, elaborato e freddo, all'età della ragione. A produrre un tal risultato non è stata però una coraggiosa e cosciente decisione ma la forza degli avvenimenti: il XX congresso· di Mosca con tutto quello che ne è seguito. Gli amici che sulle pagine della Rivista Storica del Socialismo discutono oggi di stalinismo e storiçigrafia dovrebbero dedicare la loro attenzione anche a quello che è avvenuto in Italia, ai silenzi cioè, più che alle cose dette, al singolare fenomeno per il qual 1 e gli storici comunisti, le cui doti di operosità e di ingegno non han bisogno di essere sottolineate, non si sono mai cimentati BibliotecaGino Bianco nello studio della storia del loro partito, non hanno mai anzi neanche· affrontato, specificamente e con rigore scientifico i più grossi nodi della storia ideologica ·ed etico-politica del socialismo itali!mo. Soltanto a partire dagli anni del « disgelo » - e gli amici della Rivista Storica del · Socialismo hanno avuto in quest'opera parte di pionieri - il socialismo del primo ventennio del secolo ha cominciato ad essere oggetto di studi, ancora in fase poco avanzata, da parte della giovane storiografia, politicamente impegnata. La breccia, comunque, è aperta, e attraverso di essa saranno in molti a passare. La· ripresa, forse meglio, l'avvio, in questo quadro, del discorso sul movimento socialista italiano nel primo dopoguerra, avverrà ancora, probabilmente, in clima di polemiche, ma saranno polemiche storiografiche e non risse, e mancheranno gli anatemi. Quel che importa, per ora, è che si cominci ad uscire dagli steccati delle interpretazioni di parte, non ignorandole, ma valutandole per quello che sono: testimonianze di un dibattito, lungamente condotto all'interno di ciascun partito e di ciascuna corrente, attraverso il quale le esperienze fatte in quei drammatici anni sono diventate patrimonio collettivo, influenzando e caratterizzando lo sviluppo della ideologia, della problematica politica, dei programmi: documenti insomma sui quali esercitare il giudfaio storico e dei quali, anche, valersi per elaborare nuove ipotesi, di lavoro e trarre nuove indicazioni di ricerca. Da questo punto di_vista un esempio concreto e di grosse dimensioni del modo in cui le contrapposte ipotesi possano utilizzarsi e possano servire alla impostazione di problemi nuovi mi pare stia in questa constatazione: gli artefici delle due tradizionali interpretazioni della crisi del dopoguerra - coloro i quali l'hanno ,cteif'iniita:come una situ~ione a;perta ad aud,aci riiforme eld 'i!nivolutasi 1per il maJntcato inserimento sadalista in una politica di collaborazione, e coloro i quali han parlato di una situazione rivoluzionaria, finita in reazione, per mancanza di una guida c·aipa;ce e siìouria - concordano in un punto, 'Vale a dire in un giudizio negativo sul partito quale storicamente si è configurato e concretamente agisce nel biennio critico 1919-"1920. E' una concordanza assai significativa, e che non può non indurci a notare come finora assai poco si s_appia di preciso sul protagonista collettivo di quegli avvenimenti, il partito socialista, nella sua struttura organizzativa, nel suo funzionamento interno, nei modi di formazione

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