taglia, ad invilupparsi nel gioco delle ipotesi e nel rimpianto delle occasioni perdute. Unica eccezione di rilievo è la Storia di quattro anni di Pietro Nenni, un saggio scritto nel 1925, su sollecitazione di Piero Gobetti ed edito a cura di Carlo Rosselli, che contiene forse a tutt'oggi la analisi più lucida e più amara della politica socialista trà il 1919 e· il 1922. Nenni, anche se non estraneo al clima ed all'ambiente entro cui maturò la sconfitta, era approdato alle rive socialiste dopo esperienze lunghe e intense maturate su altre sponde, ed era assurto a posti di primo piano e di. alta responsabilità soltanto nel 1923, quando le sorti della battaglia erano già più che compromesse: elementi l'uno e l'altro che gli consentivano di giudicare, in certa misura, dall'esterno della tradizione, e con un distacco non facile a r:aggiungersi da quanti negli anni decisivi avevano avuto parti di protagonisti. Ed è significativo che al suo libro appaiano collegati i nomi di Gobetti e di Rosselli, di due giovani, cioè, che da posizioni e lungo linee diverse, si collocano entrambi su posizioni fortemente critiche nei confronti dei vecchi filoni del socialismo italiano. Passeranno degli anni prima che il problema venga affrontato in una indagine storica di più vasto respiro, che non si limiti all'analisi, sia ancor essa acuta e tag1iente, delle responsabilità socialiste, ma inquadri la crisi di indirizzo ideale e di orientamento politico del partito socialista nella più vasta crisi della società italiana, squassata dalla guerra, e dello stato nato dal Risorgimento. A farlo è Angelo Tasca, anch'egli partecipe di quegli avvenimenti, ma non in veste di protagonista, formatosi, fin dai più giovani anni, nelle organizzazioni socialiste, ma già allora influenzato dalla polemica antiriformistica di Salvemini, legato poi, non senza dissidenze, a Gramsci ed al gruppo dell'Ordine Nuovo, membro e dirigente del partito comunista, ma anche qui in fama di eresia, arrivato quindi a Mosca a lavorare negli uffici della Internazionale, ed espulso infine dalle file comuniste per deviazione di destra. Il rapido saggio di Nenni e l'ampio lavoro di Tasca, fondato su una larga documentazione di _prima mano, hanno una ipotesi in comune: quella che la fine della guerra aveva aperta in Italia una situazione nuova, matura non già per una rivoluzione astrattamente concepita secondo il modello russo, ma per una rivoluzione democratica, suscettibile di trovare larghi consensi nel paese e· non preclusiva di ulteriori sviluppi. L'ipotesi aveva il merito di svincolare il didere a tutte le correnti del socialismo italiano, individuandone il tratto comune nella incapacità di intendere e padroneggiare i termini della situazione, condizione essenziale per porre in termini realistici i problemi di programma, di tattica e di ritmo della rivoluzione possibile. Nel secondo dopoguerra, nonostante le suggestioni e le aperture d'orizzonte che potevan derivare dalla esperienza fatta in quelle circostanze dai partiti operai, il discorso così avviato non è stato ripreso dalla compatta schiera di storici del movimento operaio. La ragione principale di una tale lacuna io credo vada ricercata nel fatto che la storiografia socialistica de1l'ultimo quindicennio, protagonista di uno sforzo di ricerca e di elaborazione veramente imponente e per molti aspetti pioneristico, ha trovati i suoi cultori più numerosi ed affiatati in st~diosi personalmente impegnati in una milizia politica che ha comportato, per circostanze da vagliare in altra sede, obblighi assai duri, e tra essi quello di non ignorare e tanto meno di contrastare, la interpretazione ufficiale della storia di quegli anni proposta dal partito comunista, ed accettata di fatto, con eccezioni evidenti ai soli iniziati, anche dai socialisti. Le grandi !linee di questa· interpretazione, diffuse in innumerevoli scritti e discorsi, si trovano raccolte e presentate, non senza pretese di dignità storiografica, nel Quaderno di Rinascita,· apparso in occasione del trentesimo anniversario della formazione del partito comunista italiano, e si esauriscono nel riproporre, senza alcun nuovo ed originale apporto, i motivi della polemica leninista contro il socialismo italiano, e nel considerare la nascita del partito comunista come l'evento risolutivo nella storia del movimento socialista, per la prima volta dotato di una guida lungimirante e sicura. La stessa vicenda interna, assai travagliata, del comunismo italiano nei suoi primi anni di vita è interpretata secondo la metodologia manichea di ispirazione staliniana. Un primo, timido e coperto tentativo, di rivalutare la tradizione socialista può esser fatto risalire alle iniziative propagandistiche e culturali realizzate nel corso del 1952, cadendo il settantesimo anniversario della fondazione del partito socialista. E' in questo clima che assume nuovo rilievo l'episodio di Movimento Operaio, la rivista .fondata e fino ad allora diretta da Gianni Bosio, nella quale la rivalutazione della tradizione socialista diventava rivendicazione dell'autonomia classista del movimento operaio e· la fisiologia puntigliosa arma di lotta contro l'agioscorso dal palleggiamento degli errori e delle grafia. colpe, e di proporre un giudizio critico da esten- Il discorso cominciava però troppo da lon- 27 BibliotecaGino Bianco
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