Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

64 dtventare un centro cti coagulazione di 'gruppi e correnti non organizzati ip parti~o. ma chiamati alla lotta politica da un imperativo morale. Dallo stesso Amendola parte l'iniziativa, in risposta al manifesto degli intellettuali fascisti, di un contromanifesto, steso da Benedetto Croce - il quale peraltro all'indomani del delitto Matteotti aveva confermata la fiducia a Mussolini, pur condizionandola al mantenimento dell'impegno di restaurare legalità e libertà nel paese - un contromanifesto il quale dà la inconfutabile conferma che la parte migliore della cultura italiana é contro il fascismo. Anche Amendola però, e per ragioni etiche prima e più che per calcolo politico, é rigido sostenitore della pregiudiziale legalitaria. Arrivato alla politica da una esperienza di studi filosofici ricca e tormentata, Amendola é nei confronti delle istituzioni di un lealismo che ha un solo limite quello impostogli dalla propria intransigenza morale. Senza di essa la sua formazione scelta di un terreno di lotta extra-costituzionale. Si tratta, magari morendo, di restare su tal terreno, rendendo possibile ed anzi inevitabile l'intervento della monarchia. * Un posto a parte occupano nello schieramento aventiniano i comunisti. La loro presenza in esso é di breve durata e legata a due proposte, entrambe respinte: la prima di uno sciopero generale antifascista, la seconda, già avanzata da Piero Gobetti, di dichiarare l'Aventino come il solo vero Parlamento. Contro la prima proposta stava il ricordo bruciante del fallito sciopero legalitario dell'agosto '22 e la presenza nel paese di uno squadrismo perfettamente armato e militarmente organizzato nei ranghi della milizi&, di cui una legione, la « Francesco Ferrucci » di Firenze, sfilò minacciosamente per Roma non appena nella capitale s'erano avute le prime avvisaglie di uno sciopero antifascista. Contro la seconda stava la impossibilità di indirizzare tutto l'Aventino e non soltanto una sparuta rappresentanza di esso in una direzione che non poteva e la sua vocazione di conservatore meridionale lo avrebbero lasciato indifeso dinanzi alle lusin- non essere rivoluzionaria. Fino a qual punto tale ghe fasciste, per essa aveva compiuto l'atto, for- • pessimismo dei dirigenti confederali fosse giumalmente eccepibile di promuovere in certo SP.nso, e di capeggiare la f'.ecessione parlamentare. E' un gesto che per lui però non com.porta la Anna Maria Volpe Rinonapoli FUOCO SULLA VERSILJA Edizioni AVANTI!, 1961 Collana « Il Gallo » n. 64 pagg. 160 L. 350 stificato, fino a qual quanto convenisse correre il rischio di spezzare la coalizione aventiniana é impos~ibile dirlo. E' vero comunque che autonome iniziative operaie c1 furono, come é anche vero che lo sciopero proclamato dai soli comunisti si risolse in un insuccesso. E' vero che in molte città d'Italia i gruppi antifascisti e con essi notevoli nuclei di combattenti - ricordo per tutte l'iniziativa fiorentina del gruppo di « Italia Libera», promossa da Nello Traquandi che si fuse col gruppo salveminiano e rosselliano del Circolo di cultura, e da cui nacque un glorioso foglio clandestino il« Non mollare» -- si organizzarono e si mossero partendo da una fondamentale sfiducia· nella passività aventiniana, ma è anche vero che questi gruppi stentarono a rompere intorno a sé il cerchio dell'isolamento crea_ to dalla paura. Ma al di là di queste considerazioni, che potrebbero fornire spunto ad un assai lungo discorso, resta il fatto che il contributo comunista all'Aventino si iimitò a queste proposte, respinte le quali essi rientrarono nell'aula di Montecitorio, considerata come tribuna propagandistica contro il fascismo. Manca anche in questo caso un apporto alla elaborazione di una politica antifascista, perché manca anche in questo caso una valutazione realistica del fascismo. La crisi BibliotecaGino Bianco

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